ROMA – Lo stallo dell’Aquarius, cui né l’Italia né Malta concedono l’autorizzazione a sbarcare, non è una situazione inedita. Già in passato ci sono stati altri episodi analoghi ed il braccio di ferro alla fine si è concluso con l’arrivo della nave di migranti in un porto italiano.
Il precedente più recente è quello della nave della ong spagnola Proactiva Open Arms: tra il 15 ed il 16 marzo l’imbarcazione salvò 216 migranti in acque internazionali dopo un braccio di ferro con una motovedetta della Guardia Costiera libica che reclamava il carico umano. L’equipaggio della nave umanitaria parlò anche di minacce e mitragliatori puntati da parte dei libici. L’Italia non autorizzò in un un primo momento l’attracco in un porto siciliano: «spetta alla Libia che ha coordinato il soccorso», spiegò Roma, che sottolineò anche la vicinanza a Malta. Ma la ong si rifiutò di consegnare i migranti salvati ai libici e le autorità maltesi, come di consueto, non intervennero. Dopo 24 ore a bagnomaria, la Open Arms ricevette l’ok a sbarcare a Pozzallo (Catania).
Durò invece addirittura tre settimane l’odissea in mezzo al mare della Cap Anamur, nave tedesca che il 20 giugno del 2004 salvò 37 migranti a bordo di un barcone alla deriva in acque internazionali. Il Governo italiano vietò alla nave di sbarcare sostenendo che sarebbe dovuta approdare a Malta visto che era entrata in acque maltesi oppure, data la proprietà dell’imbarcazione, la Germania avrebbe dovuto occuparsi dei profughi salvati. Lo scaricabarile durò a lungo e solo il 21 luglio il caso, che alimentò polemiche internazionali, si risolse con l’autorizzazione di Roma a sbarcare a Porto Empedocle (Agrigento).