ROMA – Niente più condanna al carcere per chi commette il reato di atti osceni masturbandosi nella pubblica via, anche nel caso in cui chi compie questa sgradevole e prevaricatoria interferenza con l’altrui sensibilità non lo abbia fatto «occasionalmente» ma abbia scelto il “teatro” della sua esibizione scegliendo appositamente una strada frequentata da giovani ragazze. E’ questa la conseguenza pratica della depenalizzazione di alcuni reati introdotta dal dlgs n.8 del 2015, tra i quali rientrano appunto gli atti osceni ad eccezione di quelli commessi nei luoghi frequentati da minori.
A beneficiare della “sanatoria” è stato un settantenne di Catania che ha ottenuto dalla Cassazione, alla quale è toccato il compito di applicare la riforma, il beneficio dell’annullamento senza rinvio della condanna «perchè il fatto non è previsto dalla legge come reato».
L’uomo, Pietro L. (classe 1947), dovrà adesso solo pagare una multa amministrativa la cui entità sarà decisa dal Prefetto di Catania per una cifra che dovrà essere compresa tra i cinquemila e i 30mila euro, come stabilito dalle norme. Così è diventata carta straccia la condanna inflitta a questo molestatore dalla Corte di Appello di Catania il 14 maggio 2015. Era stato rinviato a giudizio perché, verso le diciotto e trenta del pomeriggio del sette dicembre di qualche anno fa praticava “l’autoerotismo al passaggio” delle studentesse che frequentavano la cittadella universitaria luogo delle sue performance non richieste. Proprio questo particolare aveva portato i giudici a non tener conto della “giustificazione” avanzata dall’imputato che sosteneva che si era trattato di un fatto «occasionale», del quale nessuno si era nemmeno accorto “per la ridotta visibilità del tramonto».
In primo e secondo grado, l’uomo era stato condannato a tre mesi di reclusione convertiti nella multa di 3.420 euro. Ora gli effetti penali scompaiono. Il verdetto, depositato oggi e relativo all’udienza svoltasi il 28 giugno, è stato emesso dalla Terza sezione penale, presieduta da Luca Ramacci. Anche la Procura della Suprema Corte, rappresentata dal sostituto pg Giuseppe Corasaniti aveva concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio per effetto della riforma. Pietro L. è stato difeso dall’avvocatessa Raffaella Spagnoletto.