Catania. Ghe pensi mi. Che non è certo un detto tipico del dialetto di Militello, né un rigurgito anacronistico di berlusconismo del fare. Ma neppure una clausola-capestro del futuribile (ma non troppo) contratto di “trasloco” della Centrale unica degli appalti sanitari dalla Sicilia alla Lombardia salvinizzata.
Ghe pensi mi.
È il nuovo grido di guerra. Appena sussurrato, con ostentata sobrietà. Ma ormai ineludibile. «Forse ho fatto fin troppo il presidente istituzionale, sono cattolico ma ho due sole guance». E allora Nello Musumeci ha già deciso: anche a rifare i conti (disastrosi) della Regione ci penserà lui. Con un super consulente di sua fiducia.
Il governatore ha annunciato la nomina di «un esperto di caratura nazionale per fare emergere i residui non accertati nel passato e avviare con la Corte dei conti il definitivo risanamento del bilancio della Regione». Top secret l’identità.
Ma a La Sicilia risulta che il nuovo “Cottarelli di Palazzo d’Orléans” è siciliano. E Musumeci lo conosce bene, non soltanto di fama. Anche perché i due si sono incontrati (e reciprocamente apprezzati) nel corso del rito domenicale della tazza di thè a Caltagirone, nel salotto di Gino Ioppolo, “gemello diverso” del presidente.
E anche il mister X, in servizio già nei prossimi giorni, è originario della Città della Ceramica. Si tratta infatti di Massimo Giaconia, 60 anni, tax partner del prestigioso studio associato “Baker&McKenzie” di Milano. Maturità classica al mitico “Secusio” di Caltagirone, laurea in Economia aziendale e dottorato in Diritto internazionale dell’economia entrambi alla Bocconi, Giaconia, si legge nel curriculum allegato alla proposta di nomina, «presta assistenza fiscale a multinazionali italiane ed estere», fra le quali si citano Apple, Barilla, Coca-Cola, Ducati, Enel, Eni, Google, Shell e Telecom Italia. Un mastino dei conti, un fiscalista di alto profilo, ma con un’esperienza recente nelle istituzioni. Dal 2016 al 2018 è stato infatti assessore alle Finanze (a titolo gratuito) proprio di Ioppolo. E quindi artefice del “miracolo Caltagirone”, portando uno dei Comuni più disastrati d’Italia fuori dal dissesto in tempo record e dimettendosi a missione compiuta. Musumeci aveva già provato a schierare Giaconia, indicandolo nel Cda di Riscossione Sicilia. Ma la commissione Affari istituzionali dell’Ars, nel settembre scorso, bocciò la nomina proprio per via del precedente incarico da assessore.
Giaconia rientra adesso dal portone principale di Palazzo d’Orléans, come super consulente (non è dato sapere se anche stavolta rinuncerà al compenso) di Musumeci. Che per lui ha grandi progetti: sarà il “ghostbuster” negli armadi delle magagne finanziarie dell’ultimo trentennio, ma anche la “testa di cuoio” inviata dal presidente nella trincea esplosiva dei rapporti con la Corte dei conti, in attesa della pronuncia sulla parifica dell’ultimo rendiconto della Regione per stabilire come gestire il mostruoso disavanzo. Il manager di Caltagirone dovrà far tornare i conti, ma potrà avere – così racconta chi ha sentito Musumeci parlare del suo incarico – anche il ruolo di «propulsore economico» del governo, con carta bianca anche per «progetti per lo sviluppo e la crescita» oltre che per essere interfaccia nei rapporti con investitori e partner istituzionali.
Qualcuno, se la cosa dovesse funzionare, immagina Giaconia già ragioniere generale della Regione, posto che Giovanni Bologna ha espressamente chiesto di lasciare («Resta fino a gennaio», il patto con Musumeci) per tenersi soltanto la dirigenza della Funzione pubblica, della quale ha ricevuto l’interim qualche giorno fa. «Ma col suo lavoro Giaconia guadagna cinque volte lo stipendio di un dirigente, chi glielo fa fare?», problematizza qualcuno.
Tutti pazzi per Giaconia. Un ridimensionamento del peso di Gaeatano Armao? Secondo il M5S è così. «Musumeci non si fida più di lui e sta commissariando di fatto l’assessore all’Economia. Sarà forse che costui ha commesso degli errori nel corso della sua attività?», sibila il capogruppo Francesco Cappello. E anche dal Pd arriva l’attacco di Antonello Cracolici: «Se l’assessore non è in grado di svolgere la propria funzione, si dimetta. Se necessario lo “aiuteremo” presentando una mozione di sfiducia nei suoi confronti». Chissà cosa ne dice Gianfranco Miccichè, hater dichiarato di Armao, definito «ex assessore» quando ne chiese la testa.
Armao non replica. Chi l’ha visto ieri lo definisce «un po’ sotto tono rispetto al solito». Ma il vicepresidente della Regione non sembra avere nulla da temere. Almeno da Musumeci, che gli ha riconfermato, davanti a “testimoni oculari” della giunta, la fiducia: «Gaetano, tu sei anche il nostro “ministro degli esteri”, continua così». E infatti nei prossimi giorni l’assessore sarà a Roma. Da dove aspetta un verdetto decisivo: se la sezioni riunite della Corte dei conti dovessero dare parere positivo alla delibera della commissione paritetica, il governo regionale potrà spalmare in 10 anni il maggiore disavanzo di un miliardo. E per l’assessore sarebbe un sollievo. Ma Armao, venuto meno il riferimento «di amicizia personale» con l’ex ministro dell’Economia, Giovanni Tria, è un uomo dalle mille risorse. Sta cercando di stringere i contatti col successore dem, Roberto Gualtieri (i due si conoscono già), confidando anche nel rapporto con un altro uomo forte del Mef: il sottosegretario Alessio Villarosa, grillino di Barcellona Pozzo di Gotto, per il quale l’assessore forzista, durante il toto-nomine del Conte bis, non ha nascosto di fare il tifo.
Armao resta al suo posto. Per Musumeci, almeno finora, il professore palermitano è intoccabile. Soprattutto nel ruolo di ambasciatore, inviato speciale nel regime giallorosso, tutt’altro che benevolo nei confronti di una Regione di centrodestra. Ma a Palermo, da domani, Armao dovrà convivere con l’ingombrante presenza del super esperto che piace tanto al presidente.
Ghe pensi mi.
La nuova fase è appena cominciata.
Twitter: @MarioBarresi