Il personaggio
Marzia Memoli, da Palermo a New York in punta di piedi
Mossa da una passione sconfinata e dopo tanti anni di sacrifici e studio Marzia Memoli è entrata a far parte della prestigiosa compagnia statunitense fondata dalla coreografa Marta Graham considerata la “madre” della danza moderna
I più grandi ballerini non sono grandi per il loro livello tecnico, sono grandi per la loro passione. Parola di Martha Graham, la danzatrice statunitense considerata la “madre” della danza moderna.Ed è stata proprio la passione il motore di Marzia Memoli, la danzatrice palermitana entrata a far parte della prestigiosa Martha Graham Dance Company, considerata il top della danza internazionale. Quella di Marzia, oggi 21enne, è una storia di passione e sacrifici che da Palermo arriva a New York, grazie a un pizzico di incoscienza, tanta buona volontà e una buona dose di intraprendenza. Una cosa è certa, Marzia ha sempre avuto le idee chiare.«Ho iniziato a 5 anni al Centro Teatro Danza di Palermo con Eliana Lo Bue – racconta -. Osservavo mia sorella Giorgia ballare jazz, mentre io preferivo stare davanti allo specchio con le ballerine e il tutù».
Un momento della coreografia “Dark Meadow Suite” di Martha Graham, rivisitata da Janet Eilber, al Joyce Theatre di New York: Marta Memoli, nella coppia di sinistra, danza con Abdiel Jacobsen
Da quei giochi di bambina sono trascorsi 16 anni e di strada, intanto, Marzia ne ha fatta tanta. «A 13 anni ho capito che la danza era la mia strada. Ho superato le audizioni al Teatro Massimo di Palermo per i giovani danzatori, ma dopo un anno il teatro ha chiuso la compagnia e ho deciso di andare via. Ho iniziato a fare un po’ di audizioni, e sono stata accettata nelle scuole di Firenze e Milano, ma ho scelto di frequentare il Centro studi coreografici del Teatro Carcano di Milano perché sapevo che il livello era più alto».A 15 anni Marzia si trasferisce in Lombardia. Di mattina frequenta il Liceo classico e di pomeriggio l’accademia, i compiti li fa la sera. «Gli anni milanesi sono stati duri, non li vorrei mai più ripetere. Tempo per la vita privata ne ho avuto poco e niente… diciamo che l’adolescenza me la sono fatta a modo mio, ma non mi sono mai pentita di nulla».Terminata l’accademia, Marzia inizia a fare audizioni e la prima soddisfazione arriva al Boston Ballet di New York, dove si classifica 14a su 250.«Ne presero solo 7, ma fu una soddisfazione enorme a prescindere – ricorda –. In realtà ero ancora minorenne, per cui molte compagnie non mi accettavano, finché superai le audizioni per due prestigiose accademie».
Cosa scegliere a questo punto? Un’accademia classica in linea con i suoi studi o qualcosa di diverso?«In quel momento mi sono chiesta a cosa miravo, e ho scelto di frequentare l’Ecole Atelier Rudra Béjart di Losanna, un’accademia che mi interessava perché proponeva tante cose diverse e mi dava maggiori opportunità di apprendimento».È in Svizzera che Marzia approfondisce lo stile Graham, con il quale si era già approcciata al Carcano di Milano, decidendo di superare con caparbietà i suoi limiti.«In un primo momento detestavo lo stile Graham – ammette ridendo – ma proprio per questo motivo ho deciso di studiarlo a fondo. E il fatto che all’Ecole Atelier Rudra Béjart fosse previsto Graham tutti i giorni è stato determinante. Così per due anni ho vissuto all’interno dell’accademia diretta da Michel Gascard dove facevamo di tutto: dalla danza indiana a quella africana, ma anche canto e percussioni. Lavoravamo sei giorni su sette dalle 9 del mattino fino alle 19, con 10 minuti di pausa ogni ora e mezza, e con soli 45 minuti per mangiare. Ovviamente non sono riuscita e terminare l’ultimo anno di Liceo».
Un ritratto di Marzia Memoli
Due anni dopo si presenta la grande occasione. La Martha Graham Company è attesa a Palermo, Marzia però ha uno spettacolo di lì a breve…«In quel periodo – racconta – stavo preparando con la compagnia dell’accademia uno spettacolo in cui avevo peraltro un ruolo solista in un pezzo Graham, ma la tentazione di andare a Palermo era fortissima. Ne parlai con il direttore che all’inizio mi scoraggiò, più perché era preoccupato per lo spettacolo che per altro, ma mi lasciò qualche giorno per decidere . La stessa sera comprai i biglietti, e al direttore dissi “ti devi fidare di me”. A Palermo frequentai le classi della Martha Graham Dance Company per quattro giorni alla fine dei quali la direttrice mi disse: “Ti abbiamo osservato molto, ti vorremmo a New York”. Inutile dire lo shock… ».
Dopo una serie di e-mail e un “vuoto” lungo sei mesi, Marzia riceve alcune informazioni relative alla scuola di Martha Graham.«Aspetta un attimo, mi sono detta – ricorda – non ho nessuna intenzione di frequentare ancora una scuola, se vado negli Usa ci devo andare per lavorare. Così decisi di partire per New York, forte del fatto che in quei sei mesi avevo migliorato ancora la mia tecnica e sapevo di avere molte più possibilità». Dopo quattro giorni nella Grande Mela, Marzia viene convocata dalla direttrice che, porgendole un contratto, le dice “ti stavamo aspettando”. «Mi è venuto da piangere, ma ho retto. Mi offrivano di diventare un membro della compagnia!».
Adesso il sogno di Marzia ha preso il via, e dopo la tournée che l’ha vista impegnata in Spagna, il prossimo ottobre partirà per un tour in Colorado. «La tournée più importante – aggiunge – è però quella che ci vedrà impegnati da gennaio ad aprile. Porteremo un repertorio Graham e alcune coreografie contemporanee create appositamente per noi da alcuni coreografi esterni come Lar Lubovitch, nominato dal New York Times come uno dei dieci migliori coreografi al mondo e Lucinda Childs, che presenteremo in prima mondiale».
E anche se è arrivata lì dove voleva, Marzia Memoli ha ancora qualche progetto da portare a termine. «A novembre riprenderò gli studi per terminare il Liceo, e poi ho intenzione di iscrivermi al College perché vorrei laurearmi in fisioterapia. Un giorno, quando il mio bagaglio di conoscenze sarà pieno, mi piacerebbe tornare a Palermo per creare qualcosa nella mia città. Intanto però ho ancora tante cose da imparare, e al momento va bene così…».
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