Intervista all'attore e regista catanese
Mario Guarneri, la sacra arte della messinscena
Per Guarneri il palcoscenico ha un valore anche pedagogico oltre che puramente artistico. Alla ricerca della spontaneità persa
Panta rei, tutto scorre, diceva il filosofo Eraclito. La vita non conclude, avrebbe aggiunto qualche secolo dopo Pirandello. Se all’origine l’esistenza è slancio e impulso vitale, l’educazione e i condizionamenti culturali tendono a soffocarla, a imbrigliarla dentro convenzioni che ne impoveriscono la creatività. Recuperare la spontaneità perduta, significa in primo luogo imparare a liberarsi da abitudini, da idee e schemi precostituiti, evitando di considerare mai definitivo il risultato raggiunto. Un percorso che vale per tutti ma che diventa il primo irrinunciabile step per chi voglia avviarsi alla pratica scenica.
A pensarla così, tanto da averne fatto il fulcro di una coerente scelta artistica, pedagogica ed esistenziale, è Mario Guarneri, fondatore con Nunzia Pruiti di Teatroimpulso, da oltre un quarto di secolo impegnato in una fitta attività di formazione che, dopo una fase itinerante, oggi può contare su una sede stabile, inaugurata nel 2014 da un padrino d’eccezione, l’attore e regista Vincenzo Pirrotta. Nel cuore storico di Catania, a due passi dal Castello Ursino – nella cui area vanno sempre più moltiplicandosi iniziative culturali di riqualificazione urbana -, incastonata nel dedalo di viuzze di un quartiere popolare sospeso tra degrado e splendore architettonico, l’accogliente sala teatrale di 86 posti ha un ampio palcoscenico progettato per ogni esigenza tecnica.
«Superata l’iniziale diffidenza, siamo stati ben accolti e avvertiamo una ricaduta positiva della nostra presenza sul quartiere», spiega Guarneri, nel cui curriculum spiccano le esperienze con i maestri dell’improvvisazione Keith Johnstone e Frank Totino e con il moscovita Anatolij Vasiliev di scuola stanislavskijana. «L’idea centrale della mia attività è la necessità per l’attore di una formazione permanente e di una ricerca che serva non a trovare risposte ma a far nascere sempre nuove domande. Bisogna liberare la spontaneità, che scaturisce di volta in volta da una mediazione tra l’ispirazione del testo, la rielaborazione dell’attore e la sua connessione con gli altri. Il teatro è verità più della stessa vita. Sulla scena l’attore è chiamato a essere autentico attraverso un processo lungo e difficile. Chi si sente arrivato è semplicemente un esibizionista, capace solo di mostrare un virtuosismo, una tecnica».
Con più di ottanta studenti che frequentano i corsi e partecipano alla realizzazione degli spettacoli, la stagione di Teatroimpulso quest’anno si articola in quattro appuntamenti: dopo l’inaugurazione nei giorni scorsi con Recuerdos del pasado del mimo spagnolo Carlos Castillo, seguiranno gli spettacoli Go back for murder di Agatha Christie (2,3,4 e 5 marzo), Impro in scatola improvvisazione teatrale sui giochi di società (21, 22 e 23 aprile), Il povero Piero di Achille Campanile (18, 19, 20 e 21 maggio), tutti con la regia di Guarneri.
Mario Guarneri al lavoro
«La durata minima dei corsi è di quattro anni. Lavoriamo molto sulla tecnica dell’improvvisazione come capacità di ascolto e di reazione spontanea a una sollecitazione. In altri termini, il gruppo degli attori raccoglie gli spunti che vengono dal pubblico e sviluppa sulla scena una storia. Non forzo gli allievi a una mia visione, faccio conoscere loro più tecniche possibili e, con quelli dei corsi più avanzati, apro discussioni di confronto. Prediligo il genere comico perché la comicità, per dirla con Bergson, implica una momentanea anestesia del cuore e fa vedere la realtà sotto una luce inedita, rivelatrice».
Più che avviare esclusivamente alla professione, Teatroimpulso rappresenta una palestra di autenticità e di consapevolezza, un percorso pedagogico originale nel variegato panorama teatrale catanese. «Abbiamo allievi di tutte le età, che rinunciano al miraggio di un collegamento con le agenzie dello spettacolo. I tempi della formazione sono lunghi perché l’obiettivo non è la confezione dello spettacolo secondo un’idea precostituita, ma la ricerca costante e sempre aperta della sua essenza».
giovannacaggegi@yahoo.it
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