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Mannarino: «Ecco perché sto antipatico all’ancien régime»

Mannarino: «Ecco perché sto antipatico all’ancien régime»

Il cantatutore folk si confessa alla vigilia del concerto al Teatro Antico di Taormina

Di Mariella Caruso |

TAORMINA – Curiosità. È il sentimento con cui Alessandro Mannarino, cantautore romano della scena indie, si avvicina al Teatro Antico di Taormina dove domani sera farà tappa con il suo “Andando al monte tour” che segue la pubblicazione del suo terzo album Al monte. «Tutti i musicisti che conosco e che ci sono stati, sia per suonare sia come spettatori, mi hanno detto che è un posto meraviglioso e magico – ammette Mannarino -. Io conosco la storia del Teatro Antico, ma non ci sono mai stato e sono molto incuriosito di poter assaporare questa magia e di scoprire le emozioni che mi darà». Curiosità ce n’è anche da parte di chi si interroga su chi sia questo artista, sconosciuto a chi si ferma al pop da mainstream, che negli ultimi mesi – per onor di cronaca – è stato capace di fare sold out al Foro Italico e di raccogliere fan appassionati ovunque si presenti con la chitarra al collo e la sua nutrita band composta, per questo “Andando al monte” tour, da dodici tra musicisti e coriste, con una più che nutrita rappresentanza siciliana: dalla voce di Simona Sciacca alla batteria di Marco Monaco, dal trombone di “Dedo”, alias di Massimo De Domenico, alla tromba di Tonino Vitali fino ad Adriano Murania al violino e alle chitarre.   Stupito da questa accoglienza del tour? «Onestamente non me l’aspettavo. È il tour più bello che ho fatto fino adesso, durante ogni concerto capita sempre qualcosa di grande e sono il primo a rendermene conto tanto che, alla fine, fatico a prendere sonno per l’emozione. La cosa bella è che il pubblico che viene ad ascoltarmi non è una nicchia: ci sono anziani, giovani e bambini; lavoratori di fatica e d’intelletto. Ed è ancora più pazzesco perché io sono in giro solo da cinque anni, da quando è uscito il mio primo disco (Bar della rabbia, cui sono seguiti Supersantose Al Monte, ndr) invece sembra una storia più lunga. Di sicuro alla fine di ogni mio concerto io sto meglio di quanto non stessi prima e, guardando le facce di chi se ne va, ho l’impressione che la cosa sia ricambiata».   Cosa significa per te stare meglio? «Ogni volta che salgo sul palco ho la responsabilità, insieme alla mia band, di far star bene gli altri attraverso la musica. Cerco sempre di stabilire un rapporto diverso dal classico: io canto, tu applaudi. E – magari è solo una mia impressione – sono convinto che questo accada facendo diventare ogni concerto di questo tour una cura reciproca».   È il risultato di una maggiore popolarità? «Un po’ è che la gente mi conosce di più, un po’ è che io vado avanti e non mi fermo, un po’ è che i miei pezzi cominciano a sedimentarsi».   Anche quelli dell’ultimo “Al monte”? «Quelli dell’ultimo album hanno un pensiero così chiaro che riempie di senso anche vecchie canzoni più semplici. E in questo spettacolo si realizza una commistione perfetta tra brani vecchi e nuovi».   Che tipo di spettacolo è “Andando al monte”? «Uno spettacolo generoso con una ricerca registica e, tra le righe, il racconto musicale e ballabile di un uomo e di una donna che si cercano, si trovano, si perdono e si ritrovano finché non ce la fanno a portare avanti insieme il rapporto tra esseri umani diversi. Sul palco farò 25 canzoni comprese le nove di Al monte. L’unica differenza tra il concerto di Taormina e gli altri sarà il rispetto della scenografia naturale del Teatro Antico con l’Etna sullo sfondo».   Come ti spieghi la tua crescita certificata dalle vendite del tuo ultimo album (arrivato al terzo posto in classifica) e dal Meeting etichette indipendenti che ti ha certificato come l’artista indie più popolare su Facebook e con il pubblico più numeroso per la tua generazione, “nonostante” l’oblio radio-televisivo? «La gente è sveglia, mica è scema. Però a volte preferirei un giudizio negativo sulla mia musica piuttosto dell’oblio riservatomi dall’“ancien régime” che fa finta che non esisto. Non ho letto una recensione dei miei concerti dove vengono migliaia di persone e nessuno mi ha mai accennato alla possibilità di passaggi radiofonici».   È una cosa che ti fa star male? «A me non interessa, io sono sereno e tranquillo. Ma è una cosa da capire. Forse quello che dico nelle canzoni, come lo dico e quello che propongo è inaccettabile da parte di qualcuno: io canto l’umanità, la laicità, il rapporto tra uomini e donne, sono contro l’imbellicità, la frivolezza e la fatuità. Forse, alla fine, questo mette in crisi il loro modo di essere».   Ti piacerebbe collaborare con altri artisti? «Non è che io non collaboro, mi piace trovarmi con altri colleghi a suonare nei Festival come a “La notte della taranta”. Ma l’ambiente musicale è un po’ strano. Alla fine a me interessa far canzoni che rimangano e le voglio fare il meglio possibile. E come canto in Il bar della rabbia: “Sto bene da solo”».   Però sei finito sulle cronache quando a giugno sei finito in manette per una rissa a Ostia… «Questo è il giornalismo in Italia. L’ho vissuto come un attacco personale, i fatti sono stati distorti per avere il titolo facile. Ma io vado avanti per la mia strada».

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