CATANIA – Più che un troncone dell’indagine su “Mafia Capitale” questo è destinato a diventare un encliclopedico Romanzo Criminale. Rigorosamente scritto in Sicilia. Puntando dritto su Mineo. Ma non soltanto. Alcune delle carte dei pm di Roma sono passate nelle mani dei magistrati della Dda di Catania; un fascicolo è stato aperto anche dalla Procura di Caltagirone, in sinergia con i colleghi etnei. Tutti al lavoro su un’inchiesta (in atto contro ignoti e senza indagati) che si annuncia clamorosa e complicata allo stesso tempo. Un pentolone che ribolle già da qualche tempo. Con dentro corruzione, malaffare e appalti sospetti, dove sguazzano politici, faccendieri e mafiosi.
Al centro c’è il Cara di Mineo, il più grande centro migranti di tutta Europa, ma anche tutto il sistema di accoglienza, gestito da una rete di coop e diluito nei progetti Sprar. In in un altro filone giudiziario precedente agli scandali romani, c’è anche un delicatissimo approfondimento sul legame fra trafficanti di uomini e infiltrazioni del terrorismo. Le indagini sulle zone grigie nella macchina d’accoglienza dei migranti nel Calatino hanno dunque trovato una “triangolazione” Roma-Catania-Caltagirone.
In prima linea c’è il procuratore di Catania, Giovanni Salvi, che sui reati legati all’immigrazione ha già dimostrato di sapere cosa cercare e dove trovarlo: gli arresti dei due tunisini, nel 2013, sospettati di appartenere a una cellula terroristica che faceva addestramento sull’Etna, il mandato di cattura internazionale per il 32enne egiziano ritenuto il superboss di un’organizzazione che gestisce i viaggi degli scafisti con destinazione Sicilia, ma anche i numerosi arresti e le 109 condanne, negli ultimi tre anni, per il traffico di esseri umani. Stavolta il profilo è diverso, pur essendoci dei punti in comune con tutte le attività finora svolte. Perché adesso si toccano i fili dei potentati economici, delle complicità politiche e delle infiltrazioni mafiose, tutti tenuti assieme dall’aggrovigliato nodo della corruzione. Che parte da Roma e arriva in Sicilia; per tornare nella Capitale in termini di schizzi di fango che sfiorano e imbarazzano il governo Renzi.
Su questi aspetti oggi, a Roma, il procuratore Salvi sarà sentito un’audizione in commissione nazionale Antimafia. Con la quale si confronterà sulle distorsioni nel sistema di accoglienza nel Catanese; alla luce delle carte dell’inchiesta romana, ma soprattutto in base ai primi riscontri delle indagini aperte sull’asse fra Catania e Caltagirone, dove il procuratore Giuseppe Verzera, insediatosi qualche giorno fa, sta già studiando con attenzione il “faldone Mineo” trovato in cima alla pila di carte trovate nel suo nuovo ufficio.
Ma del caso Cara si occupa già da qualche tempo la commissione Antimafia dell’Ars. Il presidente Nello Musumeci rivendica di «averci visto bene anche prima dell’inchiesta romana, perché il dossier è aperto dal gennaio 2014 per verificare la regolarità della gara d’appalto per la gestione del Cara». Un mese fa è stata istituita una sottocommissione, affidata al deputato regionale Girolamo Fazio, «per un’istruttoria sulle responsabilità politico-amministrative». L’Antimafia siciliana vuole chiarire come e perché è nato il consorzio dei Comuni che gestisce il Cara (al quale alcuni sindaci non aderirono), il ruolo delle cooperative e «se è vero che molte attività dirette e indotte siano ricollegabili a singole persone», indentità e rapporti familiari di chi gestisce la rete degli Sprar e idonenità di queste strutture, regolarità delle assunzioni e dei contratti nei centri.
L’Antimafia dell’Ars ha già sentito i sindaci di Ramacca, San Cono e Licodia Eubea, oltre ad acquisire documenti dall’Ufficio del lavoro. Fra due settimane il confronto con gli altri primi cittadini del territorio, con i responsabili delle cooperative e «con alcuni cittadini che hanno chiesto di fornire elementi utili». In programma anche in questa sede l’audizione del procuratore Salvi. Molto attesa anche quella del prefetto di Catania, Maria Guia Federico.
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