Loris: bugie e videotape, ecco i pilastri dell’accusa contro Veronica Panarello

Di Mario Barresi - Nost / 14 Dicembre 2014

RAGUSA – Dopo il «no comment» di venerdì sera, all’alba di un giorno di legittima soddisfazione per una vittoria giudiziaria senza se e senza ma, la Procura di Ragusa sceglie di mantenere un profilo bassissimo: «La drammatica gravità dei fatti oggetto delle accuse mosse a Veronica Panarello impongono sobrietà e rispetto per i sentimenti di dolore e pietà che la vicenda suscita», scrivono il procuratore capo Carmelo Petralia e il sostituto Marco Rota. I pm ragusani, dunque, si limitano «a riepilogare – nell’ottica di una corretta informazione – i soli dati attinenti al procedimento giuridicamente ostensibili senza pregiudizio per le indagini tuttora in corso». Il gip di Ragusa, Claudio Maggioni, nella convalida del fermo di Veronica Panarello, accusata dell’omicidio di suo figlio Loris Stival, sottolinea la «cinica condotta tenuta» da Veronica e la «evidente volontà di volere infliggere alla vittima sofferenze», con «un’azione efferata, rivelatrice di un’indole malvagia e priva del più elementare senso d’umana pietà». Non è «ragionevole ritenere che di fronte alla tragica situazione di un figlio di 8 anni ucciso in un modo così brutale si rifiuti ostinatamente di raccontare la verità». Nell’ordinanza il gip fornisce una spiegazione: la mamma di Loris lo fa «in quanto lei stessa è la responsabile del grave delitto».  

 

PEDINAMENTO ELETTRONICO

Petralia e Rota mettono dunque in fila i quattro «elementi principali posti dall’accusa a sostegno della sussistenza di gravi indizi di colpevolezza e largamente condivisi e valorizzati dal giudice». Il primo punto, come si evince anche dalla percentuale di pagine dedicate a questo aspetto sulle 109 dell’ordinanza del gip, riguardano quello che la Procura di Ragusa definisce «il “pedinamento elettronico” effettuato dalle telecamere di videosorveglianza pubbliche e private presenti sul territorio comunale di Santa Croce Camerina», che ha attestato «in modo obiettivo gli spostamenti di Veronica Panarello la tragica mattina del 29 novembre, con particolare riferimento al passaggio dell’autovettura a lei in uso in quel frangente, per ben due volte, in estrema prossimità al luogo di successivo rinvenimento del piccolo Loris, in un arco temporale compatibile sia con l’ora del decesso, come determinato in sede di consulenza medico legale, sia con l’azione di occultamento del corpo esanime».  

Un particolare – il doppio passaggio al Mulino vecchio – attestato dal gip: «Dopo la valutazione degli elementi di prova si può affermare con ragionevole probabilità» che la donna, il 29 novembre scorso, «non ha accompagnato il figlio Loris a scuola» e che «è passata dal luogo dove è stato trovato il corpo del piccolo per due volte, alle 8:33 e alle 9:25, rimanendo circa sei minuti in quella zona nella seconda occasione».  

 

LE BUGIE DI VERONICA

Il secondo punto tirato fuori da Petralia e Rota è complementare alle risultanze delle riprese video: «L’assoluta inconciliabilità di tali obiettive risultanze con le dichiarazioni rese più volte dalla stessa innanzi alla Polizia Giudiziaria e ribadite anche in sede di interrogatorio» da parte di pm e gip. Tra l’altro, annota il gip, la donna ha «senz’altro mentito sulle fondamentali circostanze di avere accompagnato il figlio Loris a scuola».  

 

L’ARMA DEL DELITTO

L’altro punto di forza sottolineato dalla Procura riguarda l’arma del delitto. «La compatibilità del mezzo di produzione della morte, per dimensione e forma, con le fascette stringicavo presenti nell’abitazione della Panarello e dalla stessa consegnate, con implausibile giustificazione ed anomala tempistica, alle maestre di Loris». Veronica, ricostruisce il gip, ha «avuto il tempo e l’occasione per uccidere il figlio strangolandolo, presumibilmente, con una fascetta stringicavo in plastica della «quale aveva disponibilità». Poi, aggiunge il giudice, ha «avuto tempo e occasione per gettare il corpo esamine del piccolo Loris nel canale di scolo dove è stato trovato».  

 

LA FRAGILITÀ PSICOLOGICA

La Procura indica il «fragile quadro psicologico della donna non disgiunto da un vissuto personale di profondo disagio nei rapporti con la famiglia d’origine quale possibile concausa della determinazione omicida». Il gip Maggioni, nell’ordinanza, si limita ad annotare che «la mancanza di elementi per comprendere il movente del gravissimo gesto non assume rilevanza».  

 

NESSUN ABUSO SU LORIS

Infine, come anticipato già ieri, arriva la conferma che sul corpo di Loris non s’è consumato alcun abuso sessuale: «Si ritiene utile precisare, anche al fine di scongiurare un’enfatizzazione tragica di una vicenda già di per sé molto triste e dolorosa, che l’esito degli esami istologici effettuati ha escluso qualsivoglia traccia anche labile, recente o risalente, di abuso sessuale». Petralia e Rota danno atto a tutto il pool investigativo del risultato ottenuto: carabinieri e polizia di Ragusa, Ros, Sco, Scientifica di Palermo e Catana, «che hanno consentito di pervenire, in brevissimo tempo, ad un risultato investigativo la cui validità è stata confermata in prima sede giurisdizionale».

twitter: @MarioBarresi

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Redazione
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