Londra si scusa, cambia i moduli di iscrizione ed elimina l’assurda distinzione tra studenti italiani e siciliani

Di Alessandro Logroscino / 12 Ottobre 2016

Un errore in buona fede, ma un errore evidente a cui porre riparo. Arrivano in questi termini le scuse di Londra di fronte al montare delle polemiche sui moduli scolastici britannici che in alcune circoscrizioni distinguevano – un po’ come un secolo fa alla frontiera Usa del famigerato scoglio di Ellis Island – i bambini napoletani e siciliani dagli altri italiani.


Lo ‘scandalò, sollevato da alcuni genitori e sfociato ieri in una sarcastica nota di protesta verbale in cui si precisava come l’Italia fosse «un Paese unificato dal 1861», ha fatto alla fine breccia al Foreign Office. Da dove oggi è partita una telefonata di scuse all’ambasciatore Pasquale Terracciano, seguita più tardi da una dichiarazione scritta di un portavoce del governo che riconosce «l’errore storico amministrativo” risalente al 2006 ed esprime «rammarico». Con l’annuncio dell’immediata rettifica dei formulari ‘incriminatì: moduli d’iscrizione online in cui facevano capolino le varianti “italiano-siciliano» o «italiano-napoletano» accanto alla casella con la dizione «italiano» e basta. Il riferimento era a ipotetiche distinzioni linguistiche. Ma rischiava di suggerire un’involontaria forma di discriminazione etnica, come hanno notato diversi esponenti politici in Italia sullo sfondo d’una raffica di reazioni irritate. E soprattutto appariva fuori dal tempo con quel richiamo a un pregiudizio (“tardo ottocentesco», nel commento di Terracciano) secondo cui i bambini napoletani e siciliani figli della nuova immigrazione del terzo millennio – e solo loro – avrebbero potuto aver bisogno di supporto linguistico ad hoc, quasi a compensare presunti divari culturali collettivi.

Roba vecchia e pericolosamente semplificatoria, oltre che “offensiva per i meridionali», stando alle repliche piovute dalla Penisola. Tanto più in tempi di Brexit e di scivolate ricorrenti, a Londra, sul tema dell’accoglienza a migranti e stranieri in genere. Una coincidenza che deve avere avuto il suo peso nell’indurre il dicastero degli Esteri britannico a farsi vivo oggi senza indugi. Con la chiamata all’ambasciatore, accolta con soddisfazione, in cui un funzionario del ministro Boris Johnson non ha nascosto l’imbarazzo. Quindi, nel giro di poche ore, è arrivata la dichiarazione ufficiale di «rammarico per l’accaduto e per le offese eventualmente arrecate», in una nota in cui si è annunciata l’avvenuta correzione e si è data la rassicurazione che la gaffe non ha comunque avuto «impatto sull’istruzione ricevuta dagli alunni italiani nel Regno Unito».

La riparazione di un «errore dovuto a ignoranza e superficialità da parte di qualche distretto scolastico più che a una reale volontà discriminatoria», ha concesso Terracciano.

Ignoranza che molti non sono del resto disposti a tollerare: a Napoli, in Sicilia e non solo. «Da uomo del Sud, ma soprattutto da italiano e da europeo sono indignato», ha chiosato a caldo fra gli altri Davide Faraone, sottosegretario all’Istruzione del governo Renzi. «E non ci sono giustificazioni che tengano, né buona fede, né effetto Brexit, né puntiglio anglosassone», ha rincarato la dose. In precedenza, Massimo Paolucci, eurodeputato e vicepresidente della delegazione Pd a Bruxelles, aveva annunciato un’interrogazione urgente alla Commissione Europea affinché intimasse alla Gran Bretagna di “mettere fine a questa vergogna», evocando altrimenti possibili “sanzioni». Mentre nelle regioni interessate si è passati dal tono pungente del presidente dell’Assemblea siciliana Giovanni Ardizzone (“certi sciocchi pregiudizi sono duri a morire”) a quello furibondo del sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, che ha gridato al «razzismo».

Fuori dal coro, invece, il leghista Roberto Ciambetti, presidente del Consiglio regionale del Veneto, stando al quale «le scuole di Inghilterra e Galles ci sbattono in faccia l’amara realtà”: e cioè che «l’Italia è un Paese dalle grandi ed evidenti disparità e differenze». A suo parere, i moduli che imbarazzano il Foreign Office avrebbero potuto anche essere lasciati così com’erano.

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Redazione
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