Da un lato i pubblici ministeri Pier Umberto Vallerin e Matteo Campagnaro e i familiari delle vittime, che attendono giustizia. Dall’altro Giosuè Ruotolo che, alla sbarra, continua a proclamare la propria innocenza.
Si è aperto oggi, davanti alla Corte d’Assise di Udine, il processo a carico di Giosuè Ruolto, il militare campano di 27 anni, unico imputato per l’omicidio dei fidanzati Trifone Ragone, 28 anni, pugliese, e Teresa Costanza, 30 anni, siciliana, freddati a colpi di pistola nel parcheggio del Palazzetto dello Sport di Pordenone, la sera del 17 marzo 2015.
Un processo indiziario che si celebrerà senza telecamere: la Corte ha vietato le riprese del dibattimento e, su sua richiesta, dell’imputato.
Completo scuro, giacca e pantalone sopra un cardigan grigio, Giosuè Ruotolo ha raggiunto il Tribunale di Udine intorno alle 9 e ha preso posto al fianco dei suoi legali, di fronte alla Corte e a poca distanza dai familiari delle vittime, costituite parte civile.
L’udienza è cominciata poco prima delle 10 ed è proseguita fino alle 16.30. Quasi sette ore in cui accusa e difesa hanno cominciato a darsi battaglia sulle eccezioni preliminari e sull’ammissione delle prove. La Corte d’Assise ha respinto l’autorizzazione alla citazione del Ministero della Difesa quale responsabile civile, che era stata chiesta dai familiari delle vittime mentre ha accolto buona parte delle eccezioni preliminari della difesa dell’imputato che hanno chiesto di eliminare dal fascicolo del dibattimento alcuni documenti e atti ripetibili, tra cui i dvd di simulazione dei percorsi. La Corte ha quindi ammesso quasi integralmente le prove testimoniali, l’esame dell’imputato e la trascrizione delle intercettazioni, ambientali e telefoniche, prima di rinviare l’udienza a lunedì prossimo per ascoltare i primi testi dell’accusa.
«Nessuno vide Giosuè nel momento in cui viene commesso il delitto. Ecco perché siamo convinti della sua estraneità ai fatti», ha affermato l’avvocato Roberto Rigoni Stern convinto che la difesa abbia «molte carte da giocare». «Non ha fatto niente. Siamo sereni. Giosuè è forte; deve esserlo», ha dichiarato il padre che ha assistito all’udienza insieme all’altro figlio, tra il pubblico.
«La posizione di Ruotolo si aggrava», ha sostenuto invece l’avvocato Nicodemo Gentile, legale di Gianni Ragone. «A seguito di una complessa attività di indagine integrativa degli investigatori nuovi e pesantissimi indizi schiacciano alla sua responsabilità il militare in carcere a Belluno. Si ha ormai la certezza che i messaggi ‘molestì verso Teresa siano stati inviati da postazioni appartenenti alla caserma dove lavorava Giosuè che, nei giorni in cui sono stati inviati, era al lavoro».