Si scrive “lista di attesa”, si legge “raccomandazione”. Infatti, nella sanità non solo quella nostrana vige ancora l’antico adagio «Senza Santi non si va in Paradiso». Infatti, guai ad ammalarsi e ad avere a che fare con i tempi della sanità. Le lunghe liste di attesa per un ricovero o per una indagine diagnostica danno più fastidio dei casi di malasanità.
Qualche tempo fa un’indagine del Censis mise in risalto che 7 cittadini su 7 si lamentano per la lunghezza dei tempi per ottenere un ricovero o una prestazione diagnostica-specialistica.
Non c’è dunque da stare allegri. Infatti, nessun ospedale siciliano, nessuno escluso, è in grado oggi di mantenere gli standard previsti sia dal ministero della Salute che dall’assessorato alla Salute. Tutto rimane, come spesso accade inesorabilmente scritto su una circolare o un provvedimento che poi non si traduce mai in fatti concreti.
Però se andiamo a scandagliare all’interno dei vari reparti degli ospedali, ci accorgiamo che quasi nessuno rispetta i tempi di attesa che, com’è noto, quando era assessore alla Salute l’ex pm Massimo Russo, impose a tutti i direttori generali delle 17 azienda sanitarie ed ospedaliere dell’isola di pubblicare sui siti istituzionali, i tempi di attesa sia per i ricoveri che per la diagnostica.
Non tutti, però nel tempo hanno aggiornato periodicamente lo scadenziario. Anzi, come al solito, si predica bene e si razzola male. Davvero paradossali i tempi di attesa: per un’ecografia epatica si va, male che vada, dai 40 ai 90 giorni; per una mammografia anche 80-100 giorni; per una visita geriatrica legata alla patologia dell’alzheimer anche 150 giorni, cioè cinque mesi. Troppi. Estenuante.
Poi, però ci sono esperti che criticano, come spesso in questi casi, il rapporto annuale di Cittadinanzattiva-Tribunale del Malato che mette a nudo, le discrepanze della nostra sanità.
Per non citare gli esami diagnostici. Si va alle volte a finire alle “calende greche”. Sono tempi incompatibili con le esigenze dei cittadini. Nella sostanza sono un invito a rivolgersi altrove, soprattutto nelle strutture private, naturalmente per chi ha le possibilità economiche. E gli altri? Nemmeno restano gli occhi per piangere.
E dire che più volte dall’assessorato alla Salute è stato sollecitato ai direttore generali delle 17 aziende dell’Isola di avere un occhio di riguardo per in tempi di attesa per la diagnostica. I cittadini non possono attendere o girovagare per ospedali e centri clinici per un esame. E’ ingiusto.
Per non dimenticare delle battaglie del Codacons che si erge a paladino degli oppressi e poi però le denunce cadono, spesso non per colpa loro, nel dimenticatoio.
Basta ricordare quella, appunto relativa alle lunghe liste di attesa. Francesco Tanasi, segretario nazionale Codacons e Nino Rizzo, direttore del Dipartimento Sanità, lanciarono un’offensiva contro le Asp e gli ospedali, chiedendo al governo Crocetta un intervento repentino contro le liste d’attesa interminabili e quindi un impegno a migliorare la sanità in Sicilia.
Addirittura minacciarono azioni legali contro le lunghe liste d’attesa. Dissero pure: «Il diritto alla salute è riconosciuto dall’articolo 32 della Costituzione italiana, diritto che in Sicilia viene negato dalle assurde lungaggini della sanità pubblica. E’ impensabile infatti che per una risonanza o una mammografia occorra aspettare anche 1 anno, con evidenti danni per i cittadini che necessitano di controlli medici. Le lamentele in questo senso sono davvero numerosissime; agiremo dunque con celerità per trovare delle risposte».
Chiacchiere, fiumi di parole, perché alla tirata delle somme le liste di attesa rimangono, eccome se rimangono, lunghe ed estenuanti.
Dall’assessorato alla Salute fanno sapere che per fronteggiarle bisogna avere a tutti i costi la nuova rete ospedaliera e un’approccio diverso della medicina territoriale. Così come l’integrazione sempre desiderata dagli assessori di turno, tra medicina ospedaliera e quella territoriale.
Naturalmente Marcello Marchesi potrebbe aiutarci attraverso un suo aforismo: «La legge è uguale per tutti. Basta essere raccomandati». Anche in sanità aggiungiamo noi.