L’Isola vista da 24 studenti tedeschi

Di Mario Tamburino / 14 Novembre 2016

Il progetto “Begegnung mit einer Stadt“, “Incontro con una città“, che la piccola, ma prestigiosa università dello Schleswig-Holstein porta avanti da alcuni anni, e che ha toccato città come Istanbul e Firenze, approda nell’entroterra catanese.

Perché Militello? «Volevamo toccare un’isola e desideravamo trovare un luogo che ne incarnasse l’essenza, che ne esprimesse l’identità – spiega Piotr Nathan, il professore che in questi anni ha sviluppato il progetto da un punto di vista concettuale oltre che didattico – E poi, a Militello ha scelto di abitare stabilmente da sei anni Herbert Weinard», un ex docente di Architettura d’interni alla Detmold Universität, che non smette di invitare personalità tedesche perché vengano a vedere con i propri occhi la terra che sta imparando ad amare, aprendola così al mondo.

Dal 3 al 13 novembre, dieci giorni di esplorazioni che hanno avuto come “campo base” i locali del Museo San Nicolò della Chiesa Madre, messi a disposizione dalla direttrice Franca Barbanti, «per aprirsi all’arte viva, non museale, e proiettarsi nel futuro», e come orizzonte la città, le sue piazze e i suoi dintorni.

Come ci vedono questi giovani provenienti da Germania, Polonia, Russia, ma anche dal Brasile e dalla Colombia?

«Svolgendo le nostre attività di mattina e nel pomeriggio ed essendo alloggiati fuori Militello, abbiamo incontrato soprattutto gli anziani» ci racconta Christof, 24 anni. «La gente è molto cordiale, ma ho l’impressione che sia poco disposta a cambiare, a seguire nuove strade per valorizzare questa città». E mentre il pallido sole dell’estate di San Martino illumina la piazzetta di San Nicolò, riscaldando col suo tepore gli anziani seduti sulle panchine, aggiunge: «Di questo posto apprezzo la tranquillità, ma non il fatto che a volte sembri disconnesso dal mondo».

E i giovani, li avete incontrati? «Gli incontri con i ragazzi sono stati fugaci», nota Lisa, 24 anni. «Li ho visti passare velocemente, spesso in macchina. Ti lanciano uno sguardo e scappano via. Come donna – osserva – questo modo di fare mi appare strano; desidero che mi si parli». Lisa, però, ha anche da comunicare un’esperienza positiva: nei giorni scorsi ha incontrato un maestro cestaio che le ha insegnato l’antica arte siciliana di intrecciare un “panaru”. «È stato bellissimo – racconta entusiasta – mi ha spiegato con pazienza come intrecciare i rami di ulivo. Naturalmente il risultato non è stato perfetto, ma questa esperienza la porto con me». L’esito artistico del suo incontro personale con la Sicilia ha la forma un po’ maldestra di un canestro ovale, con gli ampi spazi aperti a rivelare un intreccio lacunoso. L’opera ha un titolo bellissimo che coglie in profondità dentro la nostra storia: “La culla della speranza”. Laddove noi vediamo solo le falle della “Provvidenza” dei Malavoglia ritrovata dopo la tempesta, questi ragazzi scorgono il principio della fiducia: uno sguardo che fa la differenza!

Ci osservano con simpatia, questi ragazzi scesi dal nordeuropea. Si accorgono della cordialità di Giuseppe il barista, della generosità del fornaio che al sacchetto del pane del prof. Nathan aggiunge sempre un panetto in più ma, ai loro occhi, emerge anche ciò che manca. Peer, il cui nome tradisce origini scandinave, sottolinea l’«incredibile bellezza delle chiese, della campagna e della natura» e tuttavia non può fare a meno di notare che tutto è «così trascurato e dato per scontato dai suoi abitanti».

L’incontro con una città, però, si incarna sempre in alcuni rapporti in cui scocca la scintilla di una simpatia umana imprevista di cui essere grati. È accaduto a Myrtha e a Clara che, andando in giro per le vie del piccolo centro si sono imbattute in Antonio, Diego e Andrea, tre disoccupati, che «per dare un senso» alle loro giornate si sono messi a pulire le piazzette e gli angoli sporchi del paese. «Abbiamo chiesto loro di poterli aiutare. Non riuscivano a crederci. Sono stati felicissimi. Il fatto che noi volevamo aiutarli ha fatto percepire loro il valore di quel che facevano». È vero, noi scopriamo quanto valiamo sempre da come un altro ci guarda.

Un po’ come accade nell’opera di Marie, 35 anni, originaria della ex Germania dell’Est. Sul muro di legno sul quale alcuni dei ragazzi della Scuola Superiore di Arte di Kiel esporranno i frutti artistici del loro incontro con Militello, la donna incolla pazientemente le foto dei reperti trovati per strada durante un’escursione fuori città. “Spuren auf den Weg” è il titolo dell’opera, “Tracce sul sentiero”. «Si tratta di reperti, vecchi e nuovi, tracce preziose del passato e scarti del presente. Ci mostrano come tutto si mescola e si relativizza, si perde e si ritrova dove ogni cosa ha avuto inizio».

Vi sono analogie tra la storia della D.D.R. e quella di questa terra? L’unità delle “due Germanie” è reale? «L’unità vera è ancora lontana. Ci vorranno almeno quattro generazioni, sostiene mio padre. La gente è stata abituata solo a lamentarsi e ad aspettarsi che il governo provveda ai propri bisogni. Forse in questo ci assomigliamo».

Juan è un ragazzo Colombiano di 26 anni e da quasi due studia in Germania. Diversamente da Peer, per il quale le statue delle sante siciliane custodite nella Chiesa della Madonna della Catena hanno solo un valore estetico, per il giovane artista di Bogotà, a Militello tutto parla di religione. Tutta la bellezza del tardo barocco rivive nel presente delle feste religiose ancora molto sentite». Non è certo un caso che la sua opera esposta abbia al centro un Cristo modernissimo con attorno, scritto in tutte le lingue che conosce: “Io sono la luce del mondo”.

Il professor Nathan è contento dell’esperienza dei suoi ragazzi: «Ritornano con una capacità di solidarietà concreta tra di loro che ritrovo anche nelle aule dell’università di Kiel».

Anche Clara e Myrtha appendono alla parete la loro opera. La lasceranno a Militello; è il loro regalo ad Antonio, Andrea e Diego i quali, dopo la mattinata trascorsa a pulire la città, hanno invitato le due ragazze tedesche a pranzo casa loro, presentandole a mogli e figli. “Militello unita e pulita”, lo striscione. Un inno all’ecologia, certo, ma anche all’amicizia che sa valorizzare tutto il bene che c’è e del quale, senza che un altro ce lo indichi, non ci accorgeremmo. Uno spunto di fiducia semplice ed autentica, in un contesto caratterizzato anche da tanta, pur benevola, ironia e un po’ di scetticismo. Uno scetticismo tipicamente siciliano che affonda in una storia che, però, a questi ragazzi tedeschi bisogna pur spiegare. Essi non sanno, infatti, che da quest’isola sono passati tutti, portando via molto, ma non prendendoci il cuore. Per avere quello, infatti, in questa terra, non basta venire; bisogna ritornare.

Condividi
Pubblicato da:
Redazione
Tag: architettura home Militello studenti tamburino università