Siracusa. Non solo brava e bella attrice ma anche regista raffinata che dopo Ciliegine e Assolo si avvia a tornare dietro la macchina da presa. Laura Morante è molto mediterranea di aspetto (e non è un caso che, in terra di Sicilia, si lasci andare a raccontare le sue origine siciliane che ignoravamo). Ed è molto francese per eleganza e stile. Oltre a tenere una masterclass, è a Siracusa per ricevere il premio Sikelia dell’Ortigia FilmFestival per il suo film Assolo presentato in concorso.
Signora Morante, a questo punto della sua carriera, quanto conta essere regista ?
«E’ sempre interessante cimentarsi con qualcosa di non fatto prima. E’ stata una scoperta. Quattro anni fa ho capito che potevo divertirmi. Dopo tanti anni che facevo l’attrice ho cominciato a diventare più esigente con me stessa. Ho fatto tanti film richiestimi come attrice. Idealmente mi piacerebbe fare come attrice solo i film che davvero mi interessano e poi continuare a scrivere sceneggiature e girare film».
C’è qualche sceneggiatura in cantiere? Qualche film in uscita dopo “L’età dell’oro” di Emanuela Piovano?
«Con Daniele Costantini mio sceneggiatore (l’ex marito e padre di Eugenia che ha girato diversi film con la madre ndr) ne stiamo parlando ma siamo ai primissimi passi. Non ci sono film in uscita a breve scadenza. L’anno prossimo riprendo a far teatro con Roberto Andò, debutteremo a gennaio con “La locandiera b&b”, liberamente tratto dal testo di Goldoni (nella stagione 2013-2014 aveva interpretato sempre per Andò “The country” di Martin Crimp, al fianco di Gigio Alberti). Forse girerò un film in Italia in autunno ma siccome non ho ancora firmato, non posso parlarne. Sono molto felice di tornare a teatro con Roberto Andò».
L’altra sera è andato in onda in tv “Ricordati di me” di Gabriele Muccino, bel film del 2003. Una storia di coppie scoppiate in cui lei è davvero bravissima. Com’è stato lavorare con Muccino?
«Gabriele appartiene alla categoria non così nutrita di quei registi che amano gli attori. Alcuni hanno paura degli attori che sembrano loro degli antagonisti. Invece lui ama molto gli attori: è stato bello lavorare con Gabriele. E’ uno dei migliori».
Con Nanni Moretti ha fatto “Sogni d’oro”, “Bianca”, “La stanza del figlio”. Con Moretti c’è un rapporto speciale, mi sembra.
«Con Nanni c’è una lunga conoscenza, iniziata fin da giovanissimi, c’è anche un rapporto di affetto, talora di contrapposizione. Non è sempre tranquillo il confronto tra Nanni e me. Ma è una di quelle delle persone che conoscono meglio il mestiere, quasi un parente, un fratello cui voglio bene».
E con Pupi Avati?
«Anche con Pupi ho fatto tre film molto diversi. Mi divertivo con lui e credo che si divertisse anche Pupi. Lui cercare di tirare fuori dagli attori un lato mai visto. Gli piace fare il pioniere. Nel 2007 ho interpretato diretta da lui Il nascondiglio film molto sottovalutato. In quell’occasione mi disse “Devi essere brutta”. Nel secondo film, Il figlio più piccolo (2010) , Pupi mi disse che dovevo essere “una donna stupida”, infatti il mio personaggio era soprannominato “la scemina”. Nell’ultimo , del 2015, Con il sole negli occhi sono una donna sola con un bambino in fuga dalla guerra alla ricerca della sua famiglia. Pupi si diverte molto a tirare fuori un aspetto non molto sfruttato. Anche a me piace molto cambiare».
Fra le sue interpretazioni prevalgono i ruoli materni, le dinamiche relazionali all’interno della famiglia. C’è qualcosa in Laura che la identifica con la donna-mamma. Con quale grande regista le piacerebbe lavorare ?
«Tanti. Se facessi dei nomi, ne dimenticherei certo la metà. Forse mi piacerebbe fare anche film più arditi sul piano formale, non necessariamente storia naturalistiche o commedie».
Ha lavorato e vissuto in Francia. Cos’ha rappresentato quel periodo ?
«Sono diversi anni che non faccio film in Francia, ci ho vissuto dieci anni, per un periodo lavoravo più lì che qui. Ho apprezzato la politica più accorta dei francesi verso il cinema nazionale. Stanno attenti a preservarlo, a garantire la distribuzione. Poi, se parla coi francesi, si lamentano anche loro ma si fa di più comunque in Francia, finanziano di più, distribuiscono meglio».
Era già stata a Siracusa e a Ortigia?
«Ero già stata a Siracusa più di una volta. Uno dei più bei ricordi da spettatrice è “Antigone” al Teatro greco diretta da Irene Papas».
In Sicilia ha girato “Marianna Ucria” di Roberto Faenza. Cosa significa per lei quest’isola?
«Mi piace molto. Del resto ho origini siciliane, da parte del nonno. Ogni volta che vengo nell’isola, mi sento divisa a metà: da una parte sento il legame, dall’altra vedo lo scempio che ne hanno fatto i siciliani. Questo mi fa soffrire moltissimo. Non fai a tempo a dire che bello che subito ti si presenta un orrore spaventoso. Anche dal punto di vista estetico è una terra stuprata».
E l’attrice ci racconta del suo legame di sangue con la Sicilia: il cognome Morante viene dal nonno paterno che era di Acireale. «In realtà – ci spiega – Morante era il secondo marito di mia nonna, ma il mio nonno di sangue si chiamava Lo Monaco ed era siciliano anche lui, di Corleone».
Conosce Acireale?
«Sì, ci ho fatto delle vacanze di famiglia. Mio padre era molto legato alla Sicilia e ci fece fare un viaggio dedicato a lui, al rapporto con la terra delle origini, poco prima di morire. Acireale è molto bella, è un posto un po’ magico, non so se perché legato alla mia famiglia».
A Siracusa Laura Morante ha inaugurato Ortigia Film Festival presentando in concorso Assolo suo secondo film da regista che ha ottenuto una nomination come miglior attrice al prestigioso Globo d’oro (premio della stampa estera al cinema italiano) 2016. A Siracusa è stata Lisa Romano, direttore del Festival, a consegnarle il Premio Sikelia «per aver portato nel cinema italiano e internazionale maggiore prestigio e valore, attraverso l’intensità e la delicatezza delle sue interpretazioni».