Palermo – Lo scenario delle politiche agricole per il 2021 lancia la volata agli asset privilegiati di agricoltura e turismo, un credo sminuzzato quotidianamente con fede cieca nel tempo a cui ha aderito anche Intesa San Paolo che ha dedicato un lungo approfondimento nei mesi scorsi sui fattori di crescita e il ruolo della filiera agroalimentare come moltiplicatore economico del turismo. Nella sinergia tra agricoltura e turismo l’anno che verrà potrebbe essere il primo tassello da piazzare all’interno di una lunga ricostruzione. Non va infatti dimenticato che l’impatto del Coronavirus ha determinato la riduzione significativa al limite dell’azzeramento del canale Ho. Re. Ca (hotel, ristoranti e catering) e delle mense scolastiche e universitarie, l’azzeramento della domanda di cibo dei turisti in Sicilia; la chiusura di agriturismi ed enoturismi importanti fattore di reddito dell’azienda agricola, la chiusura dei mercati storici e rionali e la chiusura dei mercati dell’agricoltore e del pescatore, ma anche le difficoltà lungo tutta la filiera alimentare, in termini di approvvigionamento di materie prime, di spedizione e consegna dei prodotti, accanto ai maggiori costi di produzione.
Da dove ripartire? La rincorsa ai numeri già raggiunti in passato svela un potenziale confortante. Nel 2019 per esempio il valore del “food” in Sicilia ha fatto registrare un valore alla produzione di 54 milioni di euro (0.8% del valore nazionale) con il primato per provincia di Catania (15,7 milioni), Siracusa, (15,5) e Agrigento (7 milioni) mentre l’ambito del “wine” ha toccato 550 milioni (6,6% del valore Ig Italia), piazzando sul podio Messina al primo posto, Palermo e poi Catania. Ma nel comparto agricolo nessuno vuole rimanere attardato sulle scommesse di innovazione che ancora rimangono in campo, per questo motivo oltre all’estensione di due anni della programmazione comunitaria corrente sono stati definiti progetti strategici per il settore che oltre a intercettare gli obiettivi del “Green deal”, “Farm to fork e Biodiversità” che presentavano tempi lunghi di finanziamento e non potevano essere inserito nel Piano di sviluppo rurale.
Tra gli obiettivi da raggiungere, ripetono con immutata convinzione tanto il governatore siciliano Nello Musumeci quanto i vertici del dipartimento Agricoltura ci dovrà essere spazio per la produzione energetica da fonti rinnovabili, la prevenzione del dissesto idrogeologico, ma anche il rinnovamento del parco macchine in agricoltura e nei frantoi oleari e la manutenzione e l’efficientamento della gestione irrigua. Stesso discorso anche per altri settori se è vero come si continua a ripetere che non c’è sviluppo rurale senza zootecnia. Per questo il 2021 è atteso come l’anno per il lancio di alcune specifiche misure. L’altro obiettivo dichiarato è la valorizzazione delle produzioni che hanno ottenuto il riconoscimento comunitario (Dop, Ig, Qs) dalle origini controllate alla qualità sicura, tra cui grano duro, ma anche produzioni da aree interne, carni e latte. «Il nono posto nelle classifiche nazionali non dà merito e giustizia alla qualità dei prodotti – suona la carica il direttore del dipartimento Agricoltura Dario Cartabellotta che sprona il settore a una migliore capacità organizzativa del sistema – Serve replicare l’esperienza del Consorzio della vite e di quello dell’arancia rossa su cui la Regione fece la sua a partire dal 2012».
Fu in quell’anno che si riuscì a mettere tutti attorno al tavolo del notaio, superando il motto a perdere per cui in Sicilia è più difficile aggregare di quanto non lo sia dividere. Il 3 giugno di 8 anni fa non a caso viene visto come l’atto di nascita delle denominazioni di origine protette nell’isola, pronte oggi, da qui alla fine dell’anno celebrare un altro passaggio, la nascita dell’associazione che mette insieme tutti «un fatto questo – commenta Cartabellotta – che darebbe ulteriore peso al settore». Il futuro passa dunque dall’aggregazione e dal sapere fare squadra.