L’Airbus caduto, le accuse al copilota
L’Airbus caduto, le accuse al copilota e le similitudini con la sciagura di Palermo
La scatola nera del volo Germanwings rivela un’ipotesi inquietante
Il copilota Andreas Lubitz avrebbe«volontariamente permesso la perdita di quota» perché aveva «la volontà di distruggere questo aereo». Con queste parole il procuratore di Marsiglia Brice Robin ha dato «l’interpretazione più plausibile» ma anche più scioccante sul disastro dell’Airbus A320 della Germanwings-Lufthansa che si è schiantato nella zona del massiccio dell’Estrop, nel sud della Francia, con a bordo 144 passeggeri e sei membri dell’equipaggio. Si era parlato di errore umano, di possibile malore dei piloti, di attentato terroristico, ma a causare la sciagura sarebbe stato invece il copilota che rimasto solo in cabina per un bisogno fisiologico del comandante avrebbe bloccato la porta di ingresso impedendo a quest’ultimo di tornare ai comandi e avrebbe volontariamente azionato i bottoni per la discesa controllata del velivolo fino alla collisione sulle montagne. Ora sono in corso le indagini su questo giovane pilota di 28 anni con sole 630 ore di volo all’attivo, eppure già ritenuto molto brillante, tanto da aver ricevuto nel 2013 il Certificato di Eccellenza della FAA – la Federal Aviation Administration, l’ente che regola l’aviazione Usa. Al momento – sottolinea la Procura di Marsiglia – nulla lascia ipotizzare che quello di Lubitz sia un atto terroristico anche se sono ancora in corso perquisizioni a Montabaur (Renania-Palatinato) nella casa dove l’ufficiale viveva. Finora però dal suo background non è emerso nulla di rilevante se non che sospese per un lungo periodo l’addestramento e secondo alcune voci in quel periodo soffrì di depressione. «E’ un evento sconvolgente che non si è mai verificato prima», ha detto in conferenza stampa l’ad della Lufhtansa, Carsten Spohr, aggiungendo che «non è possibile escludere che casi come questo possano accadere, anche con tutte le misure di sicurezza del mondo». «Il volo è stato portato all’impatto coscientemente – ha detto ancor Spohr – siamo sconcertati non pensavo che la cosa potesse essere ancora peggiore di quanto sapessimo fino a ieri». «Siamo scioccati, possiamo solo speculare sui motivi. Non abbiamo conoscenza di quel che ha potuto muovere il copilota a fare questa terribile scelta – ha concluso Spohr – ma quando una persona trascina con sè nella morte altre 149 persone, non è suicidio, è un’altra cosa». Quanto emerso finora nelle indagini richiama alla memoria con impressionante somiglianza la vicenda del volo Egypt Air 990 diretto da Los Angeles al Cairo che, il 31 ottobre 1999, precipitò nell’Oceano Atlantico al largo delle coste del Massachusetts, provocando la morte di 217 persone. Secondo quanto emerso dalle indagini dell’Fbi, infatti, il co-pilota Jamil Batouti insistette per sostituire anticipatamente il pilota ai comandi del Boeing 767. Poi, cinque minuti dopo l’uscita del comandante dalla cabina, venne disinserito il pilota automatico e iniziò la caduta vertiginosa dell’aereo: elementi ricavati dal contenuto delle registrazioni audio della cabina di pilotaggio e dai dati di volo che appoggiano l’ipotesi per cui sarebbe stato Batouti a provocare volontariamente la tragedia. Traiettoria e quota incomprensibili, due minuti circa di silenzio radio prima dello schianto dopo aver comunicato che era tutto ok. Sono invece solo queste le similitudini tra l’incidente del Dc8 Alitalia proveniente da Roma – che il 5 maggio ‘72 si schiantò contro Montagna Longa, a ridosso dell’aeroporto di Palermo – e il volo Germanwings caduto sulle alpi francesi. Grazie alla scatola nera dell’aereo decollato da Barcellona, sappiamo che quel silenzio aveva un senso: la decisione suicida del copilota rimasto in cabina con la porta chiusa dopo che il comandante si era allontanato. Di Montagna Longa, invece, non sappiamo pressoché nulla, se non la poco convincente tesi che si trattò di errore umano, sposata dal tribunale di Catania che assolse tutti gli imputati. In quell’incidente di 43 anni fa, che costò la vita a 115 persone, mancò la “testimonianza” della scatola nera. Il voice recorder, si disse, era guasto, perché il nastro si era spezzato già sei ore prima dell’incidente e gli equipaggi che si erano succeduti in cabina non potevano accorgersi del mancato funzionamento in quanto il nastro, seppur a vuoto, continuava a girare. Quello di Montagna Longa, per molti versi, resta ancora un mistero. Nessuno ha mai dato una convincente spiegazione sul perché, quella limpida sera di maggio, tre piloti abbiano superato la pista e si siano silenziosamente diretti verso la montagna senza tentare alcuna manovra di correzione.