CATANIA – «Il danneggiamento del ponte dell’autostrada Palermo-Catania e il crollo delle immatricolazioni negli atenei siciliani sono due facce della stessa medaglia». Massimo Cacciari conosce bene la Sicilia e ha un giudizio per nulla tenero nei confronti della Regione: «È un bubbone con cui fare i conti – dice – che rischia di portare al fallimento l’intero Paese». A Catania, nella sede del Camplus d’Aragona, per ricordare l’amico Pietro Barcellona, Cacciari accetta di dialogare sui drammi della Sicilia di oggi e sulle tragedie che si consumano nel Mediterraneo.
L’Isola, al momento, è divisa in due e ha un deficit grave rispetto al resto del Paese nel settore della Formazione e dell’istruzione. Cosa deve preoccuparci di più?
«Certamente il crollo del processo formativo della scuola e dell’università».
Però l’autostrada interrotta genera danni economici e sociali gravissimi…
«È vero. Ma il ponte si fa presto a ricostruirlo, mettere in piedi un processo formativo è, invece, più complicato. Per un ponte bastano due ingegneri bravi, imprese e politici che non rubino. Il processo formativo esige, invece, una visione generale della società e tempi lunghi».
Nell’Isola la Formazione professionale è penalizzata al massimo con grave danno per i giovani, e il sistema istruzione sta franando.
«Non può partire un processo di sviluppo, saltando questo punto».
La Regione sembra incapace di vedere, prima, e di gestire, poi, il problema.
«Bisognerebbe avere il coraggio di prendere atto del fallimento totale dell’istituto Regione. In generale in Italia le regioni non hanno risposto alle aspettative, ma in Sicilia il fenomeno è patologico e sta diventando irrimediabile. Dovete pure ridiscutere del senso di questa autonomia. Siamo di fronte, lo ripeto, a un fallimento storico. Fintanto che non si rimette mano all’idea di autonomia e all’assetto regionale, con queste regioni non andiamo da nessuna parte. Ed è esattamente quello che Renzi non tocca. Oltre alla ridicolaggine della riformetta del Senato e a un accenno di abolizione delle province non è andato, mentre il centralismo regionale divora risorse e produce pochissimo».
Nel 2011 l’Europa, e la Sicilia con essa, salutavano pieni di speranza le Primavere arabe, oggi le cronache raccontano, invece, dell’Isis e delle stragi dei migranti…
«Era una speranza, certo, ma chi ragionava sapeva benissimo i rischi che si correvano. Primavere arabe va bene, ma bastava conoscere la situazione in quei paesi. Questo non è senno di poi, è senno di prima, di pochi non ascoltati. Quando ci furono le Primavere occorreva un’azione diplomatica, politica, economica, di grande rilievo europeo che rassicurasse i governi che si andavano formando, occorrevano una forte partnership europea, e un mini Piano Marshall, solo così si poteva indirizzare il processo avviatosi nei paesi arabi. Nulla di tutto ciò è stato fatto, peggio ancora si è bombardato Assad, mandando i soldi a vanvera, perché i tre quarti delle armi che oggi usa l’Isis sono armi mandate dagli occidentali per combattere Assad. Ma è chiaro che occorreva che il mondo favorisse e promuovesse, con risorse economiche, politiche e culturali le istanze democratiche che emergevano nei paesi arabi. Invece, non è stato fatto assolutamente nulla».
I migranti che arrivano in Sicilia, sfidando e talora soccombendo alla morte sono «nostri fratelli che cercano la felicità», come dice il Papa, o sono i nemici della nostra quiete, come sostiene la Lega?
«Sono profughi che hanno come alternativa morire a casa loro o morire in mare annegati. Quando la casa prende fuoco, ti butti giù dalla finestra. È una situazione per la quale occorre intervenire. È vergognoso che non si intervenga. L’intervento sarà un fallimento? Accettiamo il rischio, ma non stiamo a guardare. Ad un certo momento si deve intervenire. Se trovi un uomo morto o moribondo per strada, non intervieni perché non sei un medico? Al di là dell’ipocrisia totale, a cui stiamo assistendo, bisogna intervenire anche militarmente, proprio perché la situazione umanitaria s’è fatta tragica».