ROMA – Come in un test di paternità, l’analisi di circa 2.000 vitigni tra selvatici e coltivati e i relativi 295 profili genetici dedotti, confrontati con quelli di 1500 viti euroasiatiche, indica che la Sicilia è stata al centro dello sviluppo della viticoltura in Italia. La ricerca è italiana, coordinata da Francesco Carimi e Roberto De Michele, dell’Istituto di Bioscienze e Biorisorse (Ibbr) del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr) a Palermo, che l’hanno pubblicata sulla rivista Frontiers in Plant Science.
«L’analisi, iniziata nel 2006, permette di ricostruire la storia della domesticazione e coltivazione della vite in Italia e in particolare nell’Italia Meridionale» dice all’Ansa Carimi. La ricerca mostra, aggiunge, che «la Sicilia è stata un centro molto importante, dove si è cominciato a coltivare la vite già nell’età del rame intorno a 6.000-5.000 anni fa. Ipotesi già avanzata nel 2017 da ricercatori che hanno analizzato i residui di vino contenuti in anfore provenienti dal monte Kronio, ad Agrigento, databili all’età del rame».
C’è un ampio dibattito sull’addomesticamento della vite (Vitis vinifera ssp. Sativa) dall’antenato selvatico (V. vinifera ssp. Sylvestris): gli esperti si chiedono se sia stato un singolo evento o piuttosto si sia verificato in più occasioni nel Mediterraneo. Posta al centro del bacino, la Sicilia è stata un punto di riferimento per le civiltà che l’hanno attraversato e centinaia di varietà uniche di vite sono ancora coltivate nell’isola, mentre la vite selvatica è presente lungo le sponde dei fiumi. Per valutare le parentele tra le varietà coltivate in Sicilia e nelle sue isole minori e i vitigni “indigeni” selvatici, i ricercatori hanno analizzato 170 varietà coltivate e 125 selvatiche presenti in Sicilia, e, spiega Carimi, «confrontando i profili genetici di queste varietà con quelli di 1500 viti euroasiatiche abbiamo visto che esiste una netta separazione genetica tra le viti “siciliane” e tutte le altre, mentre strette affinità si sono trovate tra i vitigni siciliani e dell’Italia meridionale oggi coltivati e le popolazioni spontanee dell’isola».
Ciò sembra smentire l’ipotesi che i vitigni coltivati in Sicilia derivino da varietà di origine mediorientale e permette di ipotizzare che le varietà spontanee abbiano contribuito allo sviluppo di varietà coltivate in Sicilia e che queste siano state poi diffuse lungo l’Italia meridionale.
La ricerca, finanziata dalla Regione Sicilia con fondi europei, prosegue con il risanamento dai virus dei vitigni più interessanti dal punto di vista enologico e con la messa in campo di piante che saranno vinificate per vedere se qualcuna potrà essere sfruttata per ottenere vini di qualità.