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La scuola in piazza a Catania e a Palermo contro i trasferimenti

Di DANIELE DITTA |

Oggi e domani al Sud (Palermo, Bari, Catania e Potenza) sono previste nuove proteste organizzate dai docenti in procinto di trasferirsi. Contro i trasferimenti in Sicilia sono già mille i ricorsi presentati. Letteralmente prese d’assalto le sedi sindacali dell’Isola dai docenti immessi in ruolo nelle fase C, che non riescono a spiegarsi perché sono stati spediti a chilometri di distanza da casa; mentre altri colleghi con punteggi inferiori sono rimasti in Sicilia. Con le manifestazioni in programma a partire da stamane si punta anche a costruire una federazione delle organizzazioni e dei movimenti spontanei di docenti che a livello locale, su tutto il territorio nazionale, si sono costituiti al fine di contrastare le nuove norme. Secondo i dati forniti dai sindacati, in Sicilia sarebbero 5mila gli insegnanti – solo per la primaria e la secondaria di primo grado – che saranno costretti a trasferirsi per raggiungere le sedi assegnate. Sotto accusa l’algoritmo utilizzato nel sistema informatico del Miur che ha stabilito le modalità di incrocio dei punteggi e delle sedi. Il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, è intervenuta per ribadire che «non c’è nessun errore» e «laddove ci saranno segnalazioni di errori, ed è fisiologico, si procederà sul territorio al correttivo possibile».

Per l’Anief, però, si tratta di una procedura «tutta da rivedere». C’è anche il caso di chi, come anticipato nei giorni scorsi dalle colonne di questo giornale, pur essendo stato assunto nella fase 0 e A (ovvero senza l’ormai famigerato algoritmo) è stato relegato in coda nelle graduatorie della mobilità (nella fase D). «La riforma della “Buona Scuola” – incalza Pacifico – sta rivelando tutti i suoi risvolti negativi, a partire da quelli che si nascondevano dietro alla dir poco approssimativa organizzazione del piano straordinario di assunzioni. A farne le spese sono insegnanti non certo giovani: gente che, dopo l’anno di purgatorio-prova, a 50 a anni dovrà trasferirsi ad esempio da Agrigento a Torino». Storie si assomigliano tutte e parlano di famiglie divise, di stipendi che se ne vanno in fumo per sostenere le spese fuori sede o far accudire i figli a tate e baby-sitter. «Se non si provvede a cambiare la legge, il ricorso in tribunale diventerà la prassi», assicura l’Anief. «A pensarci bene – conclude Pacifico – l’errore di chi ha scritto la riforma non è molto diverso da quello commesso nel 2011, quando, d’accordo quasi tutti i sindacati rappresentativi, l’allora ministro dell’Economia Tremonti decise di cancellare ai neo-assunti il primo gradone stipendiale. Dimenticando che esiste un principio, garantito costituzionalmente, di equo trattamento dei tutti i pubblici dipendenti. Oggi, di fatto, si è venuta a determinare una situazione simile: i docenti immessi in ruolo con il potenziamento non hanno gli stessi diritti di quelli stabilizzati qualche anno o addirittura mese prima».

«un disastro»

«Il concorso docenti si sta rivelando quello che le premesse avevano annunciato: un disastro. Arrivano da ogni parte di Italia segnalazioni da chi, in queste settimane, è impegnato nelle prove e ovunque emergono criticità: griglie di valutazione pubblicate in ritardo, clamorosi (e vergognosi) errori nell’abbinamento dei codici ai candidati, un altissimo e ingiustificato numero di docenti bocciati». Lo dichiarano in una nota i deputati di “Possibile”, Pippo Civati, Beatrice Brignone, Andrea Maestri, Toni Matarrelli e Luca Pastorino firmatari di un’interrogazione. «Una risposta dal ministro Giannini – dicono – non è solo opportuna ma doverosa. Non si può far finta che tutto stia procedendo senza intoppi. Continuare a parlare di “Buona Scuola” sta diventando imbarazzante».

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