Week end
La quiete nel bosco ai piedi del maestososo Ilici Carrinu
Sono due i sentieri che dal centro abitato di Caselle (tra Zafferana Etnea e Milo) portano fino al secolare leccio alto 22 e largo 5 metri che, insieme agli alberi millenari di Sant’Alfio e Motta Sant’Anastasia, sono i testimoni muti della storia della Sicilia
Gli alberi sono gli esseri viventi più antichi della Terra, testimoni muti della storia umana. Il più vecchio è uno Pino delle White Mountains della California detto Matusalemme che sfiora i 5.000 anni. Il più grosso è il Cipresso di Montezuma di Tule (Messico) chiamato El Arbol. Il più alto una sequoia californiana di 112 metri, l’Howard Libby Tree. Nel XVIII secolo era di moda fra nobili, scienziati ed artisti come Jean Philippe d’Orville, Patrik Brydone, Wolfgang Goethe o Jean Houel, effettuare il Grand Tour alla scoperta del Sud Italia. Erano viaggiatori attenti che hanno immortalato in immagini e prosa la natura, ma anche la cultura, l’arte e i monumenti anche della Sicilia. Nei loro diari di viaggio descrivevano il territorio etneo coperto di “intricate selve”, e solo pochi alberi di quelle antiche selve sono riusciti ad arrivare fino ai nostri giorni.
Ancora oggi a Motta San Anastasia vicino al castello, in contrada Gebbia, si possono ammirare degli ulivi millenari di notevoli dimensioni. L’albero più famoso è il Castagno dei Cento Cavalli di Sant’Alfio, considerato il più grande d’Italia, con una età superiore ai 2000 anni. Al castagno del comune etneo è legata la leggenda della scorta dei 100 cavalieri al seguito della regina Giovanna che si ripararono sotto la sua chioma durante un temporale. Poco più avanti il castagno di Sant’Agata, anticamente conosciuto col curioso appellativo di arrisbigghiasonnu. Tutti questi patriarchi sono conosciuti dal grande pubblico anche per la facilità di essere raggiunti in auto per una strada asfaltata.
Nelle foto sopra e sotto, di Giovanni Musumeci, le principali indicazioni lungo i sentieri che da Caselle, a metà strada tra Zafferana Etnea e Milo, portano fino al secolare leccio “Ilici Carrinu”
Sull’Etna, nei boschi sopra l’abitato di Caselle, a metà strada fra Zafferana e Milo, si trova un monumentale Leccio (Quercus ilex) di oltre 600 anni d’età conosciuto da studiosi, trekkers, amanti della natura ed anche bikers. Per visitarlo bisogna lasciare l’auto e procedere per un sentiero dentro il bosco. Questa quercia, in dialetto Ilici, è indicata come Ilici Carrinu o Ilici Pantano, il primo nome in riferimento ad un antico proprietario (il signor Carlino), il secondo ad una zona umida nei pressi, ormai scomparsa.
Ci sono due percorsi che partono entrambi dall’abitato di Caselle. Qui, dopo aver transitato sulla via Guglielmo Marconi si imbocca la via Spoto, al civico n°9 un bivio. A sinistra, poco prima della fine della strada all’altezza della segnaletica per Leccio, si parcheggia l’auto. Incamminandovi per lo sterrato ed arriverete ad un quadrivio, imboccando il sentiero a destra, in ripida salita vi porterà dopo 30 minuti ad un’ampia curva in piano, sovrastata da un pilone dell’Enel. Proseguendo a sinistra, sul sentiero che si inoltra nel castagneto, arriverete ad uno spiazzo con terrazzamenti, ancora un’altra salita e davanti vi apparirà l’imponente mole del Leccio.
Il secondo percorso prevede che al bivio si prenda la strada a destra, per 800 metri con l’auto lungo la strada asfaltata, che dopo aver superato la cava diventa sterrato, fino a arrivare ad uno slargo dove è possibile parcheggiare. Sulla sinistra parte un sentiero lastricato (segnale blu), che dopo 100 metri curva a sinistra per uno sterrato che dopo 1 Km porta, seguendo le indicazioni per le mountan bike, alla segnaletica di legno “Ilici Carrinu” seguendo la quale si arriva al Leccio. Questa enorme quercia alta 22 metri con una circonferenza di 5 metri presenta dei grossi rami che si staccano dal tronco parallelamente al terreno, rendendo la chioma notevole. Un vecchio rudere adiacente, da la misura delle reali dimensioni della quercia. Dopo la camminata sedetevi per un meritato riposo fra le grosse radici affioranti, per apprezzare la maestosità di questo gigante dell’Etna.
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