La lettera di Vecchioni alla Sicilia e ai siciliani: «E’ un’Isola di merda solo se non si ribella»
La lettera di Vecchioni alla Sicilia e ai siciliani: «E’ un’Isola di merda solo se non si ribella»
Il cantautore interviene sul Corriere dopo il “vespaio” suscitato dalle sue prime parole
ROMA – «Non è mai possibile che la natura più bella del mondo sia lasciata al caso e la cultura, l’ intelligenza più alta del mondo si sciolga nella pigrizia, nel mancato rispetto degli altri, nel disordine, nello sconforto: una cultura così immensa come quella siciliana merita una civiltà che sia alla sua pari. Ed ecco il punto: la Sicilia è un’isola di merda se non si ribella. Non la Sicilia è un’isola di merda. Lo è se non si ribella. Da questa professione d’amore i media hanno estrapolato solo il punto di odio più squallido». Lo scrive Roberto Vecchioni in una lettera aperta pubblicata dal Corriere della Sera e inviata dopo le polemiche suscitate dal suo intervento nell’aula magna della facoltà di Ingegneria di Palermo, all’incontro dal titolo «Mercanti di luce. Narrare la bellezza tra padri e figli» in cui aveva pure sottolienato: «I siciliani sono la razza più intelligente che esiste al mondo, perché si buttano via così, mi dà un fastidio immenso che l’isola non sia all’altezza di se stessa». «Io ho nonni siciliani, di Messina. Dieci anni fa mi sono detto: adesso vado a vedermela la mia Sicilia – scrive Vecchioni nella sua lettera -. E mi sono commosso davanti al mare, a Selinunte, al monte di Segesta, alle piane immense assolate, al barocco, all’arabo. Tornavo in albergo la sera e strizzavo gli occhi dalla commozione. E poi scendevo sulle spiagge e le vedevo avvilite da alberghi fatiscenti, turismo che non aveva la minima idea di quei paradisi di natura», «E io forse ho sognato che tutta l’umanità assomigliasse alla Sicilia – conclude il cantautore -. Da vecchio romantico, illuso professore di greco antico, ma non è così oggi la vita. La vita è che se dici merda che significa ti amo, non ti capiscono e soprattutto non ti capiscono i pusillanimi e i mafiosi».