La drammatica situazione dei beni confiscati alle mafie
La drammatica situazione dei beni confiscati alle mafie
Il nuovo direttore dell’Agenzia nazionale Umberto Postiglione parla di una gestione immersa in una «nebulosa atmosfera» in cui «le competenze non sono chiare». E manca pure una vera banca dati
ROMA – Una gestione immersa in una «nebulosa atmosfera» in cui «le competenze non sono chiare», le professionalità che «non ci sono», la «triste condizione» che neanche il ministero della Giustizia ha una banca dati sui beni confiscati: è la situazione che il nuovo direttore dell’Agenzia nazionale per i beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, Umberto Postiglione, ha descritto alla Commissione antimafia spiegando le difficoltà che ha trovato subito dopo il suo insediamento. Postiglione ha parlato di una serie di problemi che riguardano l’intera gestione dei patrimoni confiscati alle mafie, sottolineando che il suo primo impegno sarà proprio quello di «fare chiarezza su tutte quelle situazioni che rendono ancora più difficile un cammino già difficile».
Tra i problemi, la mancanza di figure dotate di competenze specifiche all’interno dell’Agenzia: «ci sono situazioni che richiedono professionalità e competenze chiare: servono avvocati, tecnici finanziari, soggetti in grado di leggere i bilanci ma queste figure non ci sono. Serve dunque una norma – ha detto – che dica chiaro che se l’agenzia deve esistere deve anche avere le professionalità adeguate». C’è poi la questione delle aziende confiscate, con i rischi per centinaia di lavoratori. Su questo aspetto i commissari sono tornati sui problemi relativi al gruppo Riela (aziende impegnate nei settori trasporti e logistica della provincia di Catania) e al gruppo 6Gdo (che gestisce i supermercati Despar nelle province di Trapani, Agrigento e in parte di Palermo) entrambi confiscati ad esponenti accusati di reati mafiosi. A loro Postiglione ha ribadito che l’obiettivo «è quello di risolvere i problemi» anche se la situazione «è drammatica». «Ma io sono qui per fare proposte ed essere aiutato. La realtà – ha detto – è che tra le competenze dei magistrati e dei prefetti, le pressioni dei sindacati, situazioni intricate fino all’ inverosimile, è difficile andare a fare delle scelte. Cercheremo comunque di fare tutto il possibile soprattutto quando si tratta di posti di lavoro». Al termine dell’audizione, il presidente della commissione Antimafia Rosy Bindi ha sottolineato che «qui nessuno vuole processare nessuno» poiché «questa è una commissione d’inchiesta tenuta ad acquisire elementi di conoscenza e ad esercitare funzioni di controllo». «Da noi – ha concluso – troverà una sana, onesta e trasparente collaborazione finalizzata ad ottenere risultati».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA