Itinerari, sulle vie della zagara

Di Carmen Greco / 07 Luglio 2017

Un’esperienza turistica a contatto con l’ambiente agricolo, con i suoi sapori e soprattutto con i suoi saperi. La seconda vita degli agriturismo di Sicilia va oltre il pranzo “rustico” e la gita in campagna della domenica. Dopo le strade del vino, le vie del sale e quella degli scrittori, ecco anche le «Vie della Zagara», sei itinerari a “trazione” agrumicola che mettono in rete i territori corrispondenti alle igp e alle dop della nostra regione.

Una “scusa” per far conoscere i prodotti siciliani che fa rivivere masserie e aziende agricole e mette a contatto i viaggiatori con tutte le “sirene” del territorio, dall’arte all’artigianato, alla celebratissima enogastronomia, partendo però da un caposaldo: la relazione con chi il territorio lo vive.

Si chiama, infatti, “Turismo relazionale integrato” ed è la nuova frontiera della vacanza, non più confezionato in un pacchetto mordi e fuggi, ma “consapevolizzata”, appunto, in un’esperienza.

Oggi, infatti, non si viaggia più: si cercano esperienze. Un cambiamento intuito da alcune imprenditrici siciliane, quasi tutte con aziende agricole di famiglia, che nel 2007 hanno dato vita all’associazione «Gusto di campagna» (con il duplice obiettivo di salvaguardare le tradizioni rurali e rilanciare economicamente le masserie) che hanno dato corpo alle «Vie della zagare». «Ci siamo avvicinate per puro caso al gruppo del “turismo relazionale integrato”, un tipo di turismo basato sulle relazioni, non sui cataloghi delle agenzie – racconta Pinella Attaguile, presidente dell’Associazione – e nel 2011, quando il distretto dell’Arancia rossa è diventato Distretto degli agrumi di Sicilia, abbiamo concretizzato il progetto sperimentale ideato da una funzionaria dell’assessorato regionale all’Agricoltura, Francesca Zappalà, creando le “Vie della zagara” oggi sviluppato su sei itinerari: mandarino di Ciaculli, arancia di Ribera, limone Interdonato, limone dell’Etna, limone di Siracusa e arancia rossa di Sicilia».

Attorno a questi prodotti d’eccellenza si declinano altrettanti itinerari, tutti finalizzati alla fruibilità della campagna siciliana che ieri, magari, si limitavano alla visita del centro storico del paese più vicino alle aziende agricole, oggi, inglobano di tutto, dal corso yoga alla cooking class, dal workshop di scrittura creativa a quello di fitoterapia, passando per la raccolta dei pomodori o la lezione di verdure selvatiche.

«L’importante – sottolinea Maria Grazia Pavone, coordinatrice del marketing relazionale e responsabile del settore turismo dell’Associazione – è che si tratti di un’esperienza autentica, basata sulla spontaneità. Può capitare che nel corso dell’itinerario ci sia, per esempio, la nascita di un agnellino. Stando in azienda facciamo vivere ai visitatori proprio la “meraviglia” di un imprevisto quotidiano di questo genere e per loro è qualcosa che non dimenticheranno mai».

Oggi l’associazione «Gusto di campagna» conta 54 imprenditori agricoli (i soci fondatori erano 11) “spalmati” principalmente nell’aerea del Calatino, del Catanese, dell’Ennese (il consiglio direttivo conta anche le imprenditrici agricole Nietta Bruno, Carmen Di Bella, Francesca Valenziani e la food planner Gianna Bozzali).

«E’ un modo moderno di vivere la campagna – spiega Susanna Simone che si occupa delle dinamiche relazionali per conto dell’Associazione – non c’è il turista che arriva dicendo “fatemi divertire”, ma una persona che vuole incontrare la gente che vive quel territorio. Alla fine degli Anni Cinquanta ci hanno raccontato che il nostro futuro era nell’industria com’era al Nord e ci hanno piazzato le raffinerie nella Magna Grecia. Quel danno è circoscritto a certe zone della Sicilia e chissà se un giorno lo recupereremo, ma quello che era stato dimenticato, cioè le campagne, grazie a Dio si è salvato. Oggi abbiamo preso coscienza di noi stessi, di quello che siamo, della nostra storia, del nostro futuro e delle nostre risorse».

«Il target è medio-alto – osserva Liana De Luca – event planner – e il viaggiatore è informato già prima di arrivare. Non cerca necessariamente il mare, vive l’esperienza tra le persone, vuole conoscere, vuole capire, si vuole integrare nel territorio perché poi è questo che porterà a casa e racconterà ai propri amici. Molti di loro vogliono poter toccare dal vivo le coltivazioni, vogliono conoscere la trasformazione del prodotto, cercano un’esperienza completa».

Sulle “Vie delle zagare” si costruisce così non solo la vacanza alternativa ma anche un’economia alternativa. Si recuperano territori e professioni che altrimenti andrebbero perduti, campagne che non sarebbero più coltivate, masserie altrimenti di difficile gestione, con un ritorno economico per l’azienda agricola che va oltre il puro reddito derivante dal pagamento del soggiorno. Infatti, il rapporto con il viaggiatore spesso continua con l’e-commerce e gli ordini on line dei prodotti che ha assaggiato “sul campo”.

In tutto questo, il fiore di zagara ha una suggestione del tutto particolare. «Il profumo, la sua caratteristica di fiore del buon augurio, la sua tradizione di fiore dei matrimoni, colpisce i turisti – sostiene Attaguile – ma quello che li meraviglia è vedere il frutto sull’albero, poterlo raccogliere e mangiare sul momento. Restano sbalorditi».

twitter: @carmengreco612

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Pubblicato da:
Redazione
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