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Infrastrutture porti e digitale per fare impresa

Di Riccardo Di Stefano* |

Next Generation Eu, il pacchetto europeo da 750 mld di euro per la ripresa dal Covid19, è un appuntamento con la storia, sia per l’Unione europea che per l’Italia.

I 209 miliardi di euro a disposizione della Penisola, di cui oltre 70 per le regioni del Sud, sono una grande occasione e al contempo una grandissima responsabilità.

Bruxelles ci metterà a disposizione delle risorse, ma non ci manderà nessuno per fare in modo che i piani siano realizzati correttamente. L’intenzione è comunitaria, ma l’attuazione – il suo successo o insuccesso – sarà tutta italiana.

Proprio il Sud del nostro Paese, in passato, ha avuto grandi eccellenze nell’utilizzo dei fondi comunitari. Mi riferisco alla Regione Puglia che, già 15 anni fa, riuscì nell’impresa di un grande balzo in avanti grazie ai fondi per la coesione. Allora, si ebbe lo straordinario connubio di politica e burocrazia, capaci di immaginare il futuro e metterlo in pratica con progetti attuabili.

Oggi abbiamo bisogno dello stesso atteggiamento nella gestione di Next Generation EU. In particolare al Sud, dove NGEU può sostenere l’uscita dalla crisi pandemica, ma soprattutto spingere questa parte d’Italia definitivamente fuori dalle arretratezze che l’hanno condannata in passato.

Qui al Sud, le infrastrutture materiali sono così poche, che quando le avremo saranno monumenti. Li dedicheremo al tempo perduto, alla crescita guadagnata, all’Europa veramente unita.

Un continente che potrebbe essere unito anche dalle vie marittime, di cui il Sud è il naturale candidato ad essere hub portuale.

L’Italia è stata per millenni il centro del Mediterraneo, ma oggi si è ridotta a guardarlo solo come fonte di problemi. Ora deve tornare ad essere per noi un fulcro della ripartenza di scambi mondiali e della nostra partecipazione alle catene globali del valore.

Riprendere possesso del nostro mare significa ridare al Mezzogiorno una centralità dimenticata, fondamentale al suo rilancio economico.

È paradossale che i porti italiani siano molto più presenti nelle strategie di lungo periodo della Germania e della Cina o degli Usa che in quelle dell’Italia. Se esiste una strategia prima europea e poi italiana, deve includere anche i porti del Sud.

Per quanto riguarda invece il digitale, la Corte dei conti ha lanciato un allarme sulla digitalizzazione della pubblica amministrazione e il divario tra Nord e Sud, facendo una vera e propria radiografia del digital divide italiano. Il Mezzogiorno si allontana sempre di più dal Nord, proprio a causa della scarsità di servizi digitali offerti ai cittadini. La nostra penisola si sta spaccando in zone che riescono a stare al passo con la media europea, e altre che restano molto al di sotto.

Non è più solo un divario Nord/Sud, ma anche tra grandi città e piccoli borghi, dove le parole cloud e open data sono spesso sconosciute.

L’elenco di infrastrutture mancanti è lunghissimo e per noi imprenditori del Sud si traduce in maniera molto pratica nel nostro conto economico: sono maggiori costi per chi fa export, minore competitività rispetto ai colleghi, maggiore isolamento per chiunque decida di investire qui.

Vista la cronaca di questi giorni, vale la pena parlare di infrastrutture sanitarie. Quelle del Mezzogiorno avrebbero avuto assoluto bisogno del Mes, prima della seconda ondata pandemica. Ora, siamo di nuovo nell’emergenza, a mani vuote e orecchie piene di retorica senza senso.

Per tutelare l’economia tanto del Sud quanto nazionale, e il corretto utilizzo di NGEU, è necessario vigilare sulla legalità. Sappiamo che la combinazione di molti fondi, burocrazie oscure e assenza di volontà politica chiara diventano terreno fertile per l’illegalità.

Qualche giorno fa è stata paragonata l’entità del pacchetto comunitario, 209 miliardi di euro, a quella dell’economia in nero, cioè la somma di economia sommersa e quella illegale, pari a 211 miliardi di euro. È gigantesca l’entità del danno che il nostro Paese subisce.

Governo, imprese, scuole, uniamoci per fare, subito, cultura di legalità. Difendiamo NGEU da qualsiasi appetito e ridiamo forza all’economia della legalità. Un’economia che può sottrarre terreno e risorse a quella sommersa, quando è messa in condizione di creare nuovo lavoro.

Questo accade se la decontribuzione per le assunzioni viene messa a regime, se fare impresa al Sud è possibile.

Il delta di crescita del Sud è maggiore di quello del Nord: mettiamoci in condizione di realizzarlo.

Nella crescita del Mezzogiorno c’è l’antidoto alla fuga dei cervelli, la chiave di una ripresa solida, la sutura di molte disuguaglianze.

Ecco perché Next Generation Eu, per il Sud, significa rigenerazione.

*Riccardo Di Stefano, imprenditore palermitano, è presidente nazionale del Gruppo Giovani imprenditori di ConfindustriaCOPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA