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Impresentabili per l’Antimafia sono sei: da De Luca, unico eletto, a bracciante ibleo
La Sicilia ha avuto riscontri sui sei siciliani di cui si parla. Su cinque di loro nessuna sorpresa: erano nella “lista nera” diffusa dal candidato governatore del M5S, Giancarlo Cancelleri, nel video sugli «impresentabili di Nello Musumeci» che infiammò la campagna elettorale.
In cima all’elenco c’è l’unico neo-deputato: Cateno De Luca, leader di Sicilia Vera, eletto nell’Udc a Messina con 5.418 voti. L’Antimafia, al momento della verifica, non era in possesso – così come per Giambattista Coltraro (Udc), Luigi Genovese (Forza Italia), Fabrizio La Gaipa (M5S), Riccardo Savona (Forza Italia) e Edy Tamaio (Sicilia Futura) – di informazioni su indagini emerse in seguito. Ma De Luca, prima di essere arrestato (e poi scarcerato) per evasione fiscale tre giorni dopo il voto, aveva una serie di processi a carico. «Quindici procedimenti di cui quattordici chiusi a mio favore», ha sempre detto il deputato regionale. Che, il 10 novembre, è stato assolto nel processo per il “sacco di Fiumedinisi”. Ma è comunque finito fra le «situazioni rilevate» dall’Antimafia. Nell’ultimo processo pendente il pm aveva chiesto la condanna a cinque anni per tentata concussione e abuso d’ufficio. E proprio ieri, l’avvocato Carlo Taormina ha consegnato alla presidente Bindi «un atto di diffida dall’inclusione di De Luca nella cosiddetta “lista degli impresentabili”, qualificazione ignota all’ordinamento giuridico e con la quale invece si intenderebbe pregiudicare la reputazione personale e politica delle persone». Soltanto una coincidenza? Il suo assistito aveva già liquidato il tema degli impresentabili dell’Antimafia, definendolo, con la sua consueta sobrietà, «una supercazzola che si autoriproduce». Altri due dell’Udc nell’elenco. Pippo Sorbello, ex deputato non rieletto a Siracusa (1.949 voti), è sotto processo per voto di scambio aggravato alle Comunali di Melilli del 2007 e alle Regionali del 2008. Fu sospeso dall’Ars, per la Severino, per un’altra condanna a quattro mesi per abuso d’ufficio, ma reintegrato dopo la mancata pronuncia della Cassazione per sopravvenuta prescrizione. E poi un altro ex di Sala d’Ercole: Gaetano Cani (4.220 preferenze ad Agrigento), alla sbarra per estorsione ai danni dei docenti di un istituto paritario.
C’è anche un candidato di #DiventeràBellissima: il catanese Ernesto Calogero. Il suo caso venne fuori in piena bagarre elettorale. Condannato in primo grado, a febbraio 2017, a quattro anni per falso su presunti “diplomi facili”. «La mia posizione è in linea sia con la legge Severino, sia con il codice dell’Antimafia», disse il candidato. Il movimento di Musumeci lo aveva già scaricato: «Ha presentato certificati del casellario giudiziale e dei carichi pendenti dai quali non risultava nulla. Ci saremmo attesi maggiore lealtà». Calogero ha comunque ricevuto la fiducia di 1.699 elettori etnei.
E poi, ça va sans dire, Antonello Rizza. L’ex sindaco di Priolo, dimessosi dopo l’arresto dello scorso 14 ottobre per truffa. Eppure in campo con Forza Italia nel collegio aretuseo, in cui ha incassato 1.949 voti «da primo candidato in contumacia», ironizza il diretto interessato, ricordando il divieto di dimora nella sua città (successivo ai domiciliari) per tutta la campagna elettorale. Prima di quest’inchiesta, Rizza aveva totalizzato 22 capi d’imputazione, fra cui corruzione, concussione, tentata violenza privata, associazione a delinquere, falso, truffa, intralcio alla giustizia, tentata estorsione, turbata libertà di scelta del contraente e abuso d’ufficio. Ma nessuna condanna. «Da sei anni sono sotto inchiesta e non è arrivata una sola sentenza», la sua garbata lamentela.
De Luca, Rizza, Sorbello, Cani e Calogero. Tutti “soliti noti” del centrodestra a cui hanno portato 18.215 voti: il 2,25% delle 809.121 preferenze delle cinque liste. Eppure tutti candidabili, per la legge Severino. La presenza nella lista di Palazzo San Macuto sarebbe dovuto al mancato rispetto, almeno al momento delle verifiche, del codice etico dell’Antimafia.
Il sesto caso è il più particolare. Forse l’unico teoricamente passibile di incandidabilità. Riguarda Antonello Calvo, in lizza con la lista Arcipelago collegata a Fabrizio Micari: 123 voti nel collegio di Ragusa. Il suo nome sarebbe finito sul tavolo dell’Antimafia per la mancata menzione, nei documenti della candidatura, di una condanna definitiva superiore a due anni per bancarotta. Su questa posizione la commissione aspetta la conferma dalla Procura di Ragusa. «Non so nulla, non è una richiesta di merito, ma un iter in cui comunicano gli uffici», dice il procuratore facente funzione, Marco Rota. Calvo è di Ispica, dov’è conosciuto come «un grande lavoratore con la passione per la tromba, che suona nella banda musicale». Il candidato, contattato ieri, conferma il precedente. Precisando: «Si tratta del fallimento di una Snc di famiglia di cui ero socio, la “Agri Fert”, nel 1996». E aggiunge: «Per quella condanna ero stato escluso dall’elettorato attivo, ma poi ho votato con regolare certificato inviatomi dal Comune. E ho giurato, davanti al prefetto, come assessore comunale, ruolo che ho svolto dal 2004 al 2005». Calvo, il carneade presunto impresentabile, assicura: «Consultai l’avvocato prima delle Regionali: ho tutte le carte in regola». Poi si sfoga, con una legittima divagazione: «Ero imprenditore nel settore dei mezzi per l’agricoltura, ho chiuso anche perché vessato dalla malavita. Ora faccio il bracciante, con orgoglio e libertà. Anziché compilare liste, la politica si interroghi sul perché un uomo perbene è costretto a fallire».
Se, dopo i raggi X sui circa 900 candidati all’Ars, è davvero lui il più impresentabile degli impresentabili, forse c’è qualcosa che non va.
Twitter: @MarioBarresi
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