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Il sonno della Regione genera mostriciattoli: la Strabuttanissima Sicilia di Buttafuoco
Se il Siculo Alfa fosse stato ibernato – diciamo per un intero lustro; lustrino più, lustrino meno – oggi si risveglierebbe senza capirci una benemerita mentula. Giammai potrebbe sapere, lo sventurato, che «Cristo s’è fermato a Eboli ma Giuda è scivolato giù, a Palermo».Sprofondato in un sonno profondo, all’alba dell’annunciata Rivoluzione, lo Sventurato non potrebbe mai capire che quel cielo grigio topo di fogna è la certificazione meteo-storica che Peppino Sottile, ineffabile maestro errante, non errava quando disse che la fissazione «è peggio della malattia». Sentirà parlare di liste e di listini, rivedrà vecchi santoni e incontrerà nuovi santini, il Bell’Addormentato in un bosco popolato da elfi crocettiani e fatine consociative.
Come passa il tempo. Già, come passa? È passato, nel «teatrino durato cinque anni», soprattutto «grazie alla complicità dei deputati regionali, fedeli allo stipendio, incapaci di dimettersi per porre fine all’impostura».
Com’è finita? È finita che è quasi finita. Male, malissimo. «Comunque vada sarà una catastrofe», ci dice Pietrangelo Buttafuoco. Già pronto alla sua «campagna lettorale contro una campagna elettorale che confermerà – purtroppo, chiunque vinca – l’impossibilità di governare la Sicilia». Una secchiata d’acqua gelida. Ma con le bollicine. Eh, no: questa Sicilia – dei fiori scozzolati e dei bastardoni assicurati, dei pupi e dei pupari, delle arance di ’nterra, dei furbi e dei fessi – non è più Buttanissima. È di più: ancheggiante nonostante le ferite; ammiccante seppur stuprata. Strabuttanissima è.
Come le pagine di questo manuale. Non di sopravvivenza, forse di resistenza. Non ancora di resa, nonostante la costernata constatazione. «Tomasi di Lampedusa ha purtroppo ragione. “E noi torto,” ebbe a scrivere Leonardo Sciascia. Tutto è diverso, nulla è però cambiato». Un’insalata di sapidissime amarezze, un selz-limone-e-sale che disseta e pizzica il palato. Una rielaborazione (ruffiana quanto basta, godibile in assoluto) di scritti del recente passato, con un upgrade paragonabile a Melania Trump a Catania, «come dire la melanzana con ricotta salata e salsa di pomodoro».
Si faccia una domanda – quale altra rovina dopo Crocetta? – e si dia una risposta. Vade retro Matteo Renzi («peggio della grandine dopo una lunga siccità. Perfino peggio di Crocetta, è. Ed è tutto dire»), all’orizzonte c’è la Vittoria Inutile. C’è Nello Musumeci, che «difetta nella cocciutaggine» di «potere governare l’ingovernabile». Nemmeno Rino Nicolosi «uno statista più che un semplice presidente di regione» riuscì nell’impresa. E c’è il M5S «prossimo a prendersi la più fetida delle rogne, la Regione siciliana». Perché «se Roma è, infatti, un manicomio, la Sicilia è l’inferno». Ma con un’opportunità: «Conquistare la presidenza della regione ma per chiederne la chiusura». Buttando l’Autonomia, «la bugia delle bugie». Stando ben attenti a tirare lo sciacquone.
E infine sovviene un invito, fuori dalle pagine del libro (diventerà uno spettacolo, sempre con Salvo Piparo, Costanza Licata e Irene Maria Salerno, con la regia di Sottile), che Buttafuoco lancia al più potente dei siciliani «estranei all’immobile rovinio di una periferia remota». Più del ministro Alfano, più del presidente Grasso: «Vorrei chiedere – ci dice Buttafuoco, appena sbarcato in Sicilia, alla vigilia dell’uscita del libro – a Sergio Mattarella, presidente della Repubblica, la sua sincera opinione sulla iniziativa del procuratore della Corte dei conti, dottor Pino Zingale, quando impugna il rendiconto del bilancio 2016 della Regione siciliana approvato con non poche difficoltà da Roma. Giugno prossimo, infatti, non potrà passare. Non ci sono soldi e neppure tempo».
Ci sarà anche il Siculo Alfa, ad aspettare quella risposta che non arriverà. In cinque anni lui s’è perso di tutto: la mafia che «brucia l’estate» e la cupola che «si fa compare allo scirocco»; il Papi prima di Papi, Melo Raciti, brancatiano e gentiluomo, il primo ad aver odorato i talenti della nipote di Mubarak; la «smagliante modernità di un orizzonte antropologico» dell’«assessore Entoni»; ma anche i «i giganti eterni che fanno grande la Sicilia», come Andrea Camilleri.
Allora «muoviti fermo!», intorpidito reduce da cinque anni di sonno. Chiudi gli occhi. E torna a sognare. I servizi segreti offrono al Quirinale «l’idea giusta: liberare Cuffaro dall’interdizione perpetua». Riecco «Totò che vinse due volte». Apre il casinò di Taormina, Trump stacca il Muos; a Lampedusa Crisafulli, Firrarello e Lazzano fanno festa con Putin e Berlusconi. Cuffaro, che «è una spanna sopra tutti», viene «eletto a furor di baci». Vasa-Vasa è tornato. È un altro sogno, per Buttafuoco; un incubo, per chi non la pensa come lui.
E allora cos’è? Soltanto la strabuttanissima realtà. Ma ora spegnete la luce, per favore.
Twitter: @MarioBarresi
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