Il premier scansa il fuoco amico
Il premier scansa il fuoco amico
Non è ormai un fatto strano che Matteo Renzi le sue battaglie le stia conducendo in casa propria più che contro le opposizioni. Il suo Jobs act, che preferiamo italianamente parlando, chiamare riforma del lavoro, ha superato, pur con una certa sofferenza, il primo ostacolo. Ovvio che non lo hanno votato tutti. Del resto chi non fa parte della maggioranza è naturale che non voti la fiducia a un governo non amico. Berlusconi, il maggiore indiziato per essere in amore con il premier e che nel passato sul lavoro e l’art. 18 si è, inutilmente speso, che figura avrebbe fatto con i suoi se avesse dato l’ordine di votare sì? Allo stesso modo la Lega di Salvini, i Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni, la Sinistra di Vendola e, ovviamente, quei turbolenti dei Cinque Stelle che, a differenza dell’ex Cavaliere, non amano per nulla Renzi. Resta da decifrare anche per il futuro ciò che sta accadendo nel Pd. Che il capo del governo nonché segretario del Pd, si sia dovuto guardare proprio dai suoi compagni del Nazareno, potrebbe sembrare assurdo. Specie alla gente, che non è del Pd e che di recente lo ha votato alle Europee dandogli una schiacciante fiducia preventiva. Ieri l’on. Faraone, plenipotenziario di Renzi in Sicilia, si è lasciato andare tra il serio e il faceto a una dichiarazione alquanto velenosa: è gente che ha la puzza sotto il naso. Dietro questa frase c’è una verità che ha reso quasi sempre la sinistra e dintorni perdenti. Quando una contestazione accade all’interno del partito è normale dialettica democratica, ma quando accade in Parlamento con documenti contro e minacce di dimissioni, deve allarmare chi ha nel cuore le sorti del Paese. Ieri Renzi ha segnato un altro punto a suo favore in una guerriglia che, dobbiamo dire onestamente, piace anche a lui. Ha capito che la battaglia o la vince ora oppure sarà costretto a battere in ritirata. Non è un discorso di essere renziani o meno, alcune riserve rimangono, ma di essere realisti: all’orizzonte, come abbiamo detto altre volte, non si vede alcun salvatore della patria. Né un unto dal Signore. In verità non lo sarebbe neanche Renzi dopo che qualche vescovo, però con successiva correzione di Bagnasco, lo aveva quasi scomunicato. Ora anche l’Europa, stante a quello che si è detto ieri nella conferenza di Milano, sembra accettare l’azione del giovane premier. Sarà opportunismo di facciata, sarà, magari, perché, prima la Francia ora la Germania, vivono anche loro giorni difficili. Ciò accade quando la sofferenza ci accomuna. Di solito ci piace fare un parallelo con la nostra realtà, non per nulla siamo in Sicilia. Se Matteo Renzi a Roma ottiene la fiducia sul Jobs act, a Palermo Rosario Crocetta, che il lavoro dei siciliani non lo vede neanche con il binocolo, è sotto scopa per una sfiducia che le opposizioni, ma, soprattutto alcuni compagni di cordata, gli stanno preparando. La sinistra o presunta tale riesce quasi sempre a divorare i propri figli, anche se Crocetta viene considerato un figliastro. Per regolarizzarlo con il partito non gli hanno concesso neanche il beneplacito che si dà alle coppie di fatto. Come se fossero Angelino Alfano. Che di coppie di fatto non ne vuole per nulla sentire. Tanto che ha ripudiato persino Silvio Berlusconi, considerato il suo primo amore.