Il palermitano Pif prepara secondo film «senza pagare il pizzo alla mafia» da luglio al lavoro sul secondo film

Di Francesca Pierleoni / 12 Giugno 2014

ROMA – Da luglio «comincio a lavorare a un nuovo film, sarà sempre più dura, ma speriamo… Quando fai un film d’esordio che va bene il secondo è più difficile, ma certo non mi posso lamentare per il successo». Lo dice sorridendo Pierfrancesco Diliberto in arte Pif, fresco vincitore di due David di Donatello (David Giovani e al miglior regista emergente) per La mafia uccide solo d’estate, che presenterà anche alla quarta edizione di Trame – Festival dei libri sulle mafie (18 al 22 giugno).
Riguardo i David, Diliberto precisa: «Durante la serata ho lanciato l’appello di venire a girare a Palermo senza pagare il pizzo. Mi sono spiegato male, non volevo dire che solo io ci sono riuscito, ci sono stati altri, ma siamo pochi rispetto al numero di film che si girano in città, non è la normalità. Credo sia importante urlarlo al mondo così che diventi normalità».
Pif sottolinea anche l’importanza di una manifestazione come Trame: «In Sicilia la situazione è grave ma in Calabria è peggio, le donne di mafia siciliane in confronto a quelle calabresi sono come quelle di Sex and the city – dice ironico-.
Il fatto che una manifestazione così importante contro la criminalità organizzata si svolga a Lamezia Terme è una luce in fondo al tunnel, è una fiamma che va alimentata».

L’ideatore de Il Testimone è già stato ospite al Festival nel 2012 e l’anno scorso aveva scelto Trame per presentare in anteprima il trailer de La mafia uccide solo d’estate: «La prima volta che sono stato al Festival avevo lanciato un appello agli ‘ndraghetisti, dicendo che non ha senso vivere come fanno loro, essere ricchissimi ma costretti a vivere sottoterra, con il rischio di essere arrestati, che i proprio figli vengano ammazzati. Li incitavo a smettere di fare quello che fanno, a uscire, fare l’amore con le proprie mogli e godersi il mare calabrese. Temo che l’appello non sia stato accolto, ma aver potuto parlare così apertamente in una piazza calabrese era simbolico, qualche anno fa non si sarebbe potuto fare».

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Redazione
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