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Il marito di Veronica: due milioni di danni. Lei: «Siete tutti pazzi»

Di Mario Barresi - Nostro inviato |

Ragusa. La «vendetta di una bugiarda conclamata». Oppure una «lenta e progressiva emorragia del dolore». La conclusione, però, è la stessa: Veronica Panarello ha ucciso il figlio Loris Stival; merita il carcere e dovrà risarcire i suoi familiari.

In un processo normale sarebbero “soltanto” gli interventi delle parti civili. Che si concludono alle 12,27 – dopo due ore e mezza di udienza – con l’adesione alla condanna invocata dai pm. E la richiesta di risarcimento dei danni: 4 milioni di euro (2 per il marito Davide Stival e 2 per la suocera, Pina Aprile) dall’avvocato Daniele Scrofani e 400mila euro «in via equitativa» per il suocero Andrea Stival dall’avvocato Francesco Biazzo.

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Ma quello a Veronica non è un processo normale.

L’avvocato che dovrebbe tutelare un nonno parte offesa, si trasforma, suo malgrado, nel “difensore d’ufficio” di un indagato (in altro procedimento) per concorso in omicidio e occultamento di cadavere. E il legale del padre della vittima deve sobbarcarsi, oltre alla delicatezza della strategia, anche il peso morale di muoversi in punta di piedi nella cristalleria, già in gran parte infranta dagli eventi, dei rapporti familiari.

La “difesa” del nonno parte lesa. Dopo che il pm Marco Rota aveva ammesso come «grave» e «logico» un movente – il rapporto fra Veronica e il suocero, scoperto dal bambino – che spiega «l’assurdità di un delitto senza senso», ieri l’udienza davanti al gup Andrea Reale risente di questo passaggio. Il legale di Stival, infatti, prova a fornire un movente alternativo: «Le gravissime difficoltà relazionali della Panarello con il piccolo Loris, che ne avevano alterato la tranquillità». Ma gran parte dell’arringa è dedicata a discolpare nonno Andrea. Dando per scontata la «comprovata estraneità» nel delitto, Biazzo nega anche la tresca. Partendo, per assurdo, proprio dalla scena madre: il rapporto sessuale fra Veronica e il suocero, scoperto da Loris il 19 novembre. «Dal 21 al 28 Davide è stato a casa e il figlio avrebbe avuto il tempo per raccontargli tutto». Così come sarebbero «inventati» i due litigi fra i due presunti amanti: quello telefonico del 19 novembre («nessun contatto sui tabulati»); e quello di presenza, il giorno prima del delitto, davanti all’agenzia viaggi dove lavora la compagna di Stival, perché «le telecamere inquadrano Veronica che passa in auto ma non si ferma».

Biazzo è costretto anche a citare il referto urologico sul suo assistito, per smentire alcune “misure” fornite da Veronica come prova di una conoscenza intima. Sul picco di contatti fra i due, Biazzo precisa che «da agosto le telefonate, di solito brevissime, diminuiscono». Ma perché Veronica accusa il suocero? «Lo punisce per averla abbandonata, costituendosi parte civile. Frequentava casa sua, è l’unico che poteva usare per discolparsi».

La delicata posizione del marito. Più complessa l’arringa di Scrofani. Che ripercorre la vicenda nella quale «la detenuta più coccolata d’Italia» ha provato a dare una camilleriana «forma dell’acqua» a indagini invece piuttosto chiare. Con il consenso dell’avvocato, ma soprattutto di una sorta di «corte dei miracoli», composta anche da «consulenti con gravi precedenti penali». Perché, sostiene, «in qualsiasi momento, ogni sua richiesta è stata accontentata». Dall’orario e dall’arma del delitto, che «non scalfiscono il lavoro di enorme spessore scientifico del medico legale Iuvara», alla sagoma nell’auto dell’imputata («una manipolazione del dato processuale, un assalto ignobile alle scienze forensi, smentita da fior di esperti»), fino alla perizia psichiatrica difensiva fondata «su vecchie tesi di neuroscienze, per fortuna superate da decenni, che smentirebbero l’essenza del libero arbitrio e del processo penale…». Un «continuo depistaggio» di una «manipolatrice furba e istrionica».

Ai danni di Davide Stival, per l’avvocato Scrofani, s’è consumato «un danno a rilascio lento». La morte di un figlio «al quale è stato rubato il futuro». E poi tutte le altre prove alle quali Davide, vittima della «teatralità di Veronica, che nessun tragediografo greco ha mai concepito». Le bugie, le illusioni prima dei colloqui in carcere, le cattiverie nelle intercettazioni. E infine il coup de théâtre finale: il rapporto col suocero. Sul punto cruciale, però, Scrofani parte soft. «Il vero movente forse non lo sapremo mai, solo ipotesi sul movente». Ammette che «se il delitto è atroce, la relazione con la nuora è disumana». E aggiunge: «Tutto è stato riscontrato dalla polizia: questa versione non trova alcun riscontro».

E allora qual è il movente? «Veronica ci dice che Loris ha visto ciò che non doveva vedere. Io non lo so. La plausibilità è fondata? E se è vero, perché parla solo ora? E se non è vero siamo davanti all’ennesima manipolazione, all’ennesimo depistaggio?». Conclude il legale di Davide: «In ultima analisi non mi interessa, perché il movente è irrilevante, davanti al formidabile dato probatorio». E poi, rivolto a una Veronica sbuffante e innervosita, alla quale dà del tu: «Non mi interessa se eravate amanti, ma fino all’ultimo spero in un chiarimento totale. Fino a quando il giudice si chiuderà in camera di consiglio, puoi ancora dire la verità. Sei ancora in tempo».

«Siete tutti pazzi, io dico la verità». Lei, Veronica, mantiene la calma. Soltanto quando ascolta la cifra della richiesta di risarcimento danni non riesce a trattenersi. «Ma che siete pazzi? Non solo l’hai ucciso – grida, senza guardare in faccia il suocero – ma hai anche il coraggio di chiedermi i soldi?». Richiamata dal giudice e portata via dagli agenti, ha il tempo di urlare: «Potere dire quello che volete, io ho detto la verità e non torno indietro».

Ma sono rimasti davvero in pochi a crederle.

Twitter: @MarioBarresi

il marito davide«perso figlio e lavorovoglio solo giustizia»

Ragusa. «Aspetto e voglio soltanto giustizia». Così Davide Stival, il padre di Loris, in una pausa dell’udienza. L’uomo ha lasciato il suo lavoro di camionista per stare vicino al figlio più piccolo. Per circa un anno ha avuto un contratto fiduciario, come autista, dell’ex primo cittadino di Vittoria, Giuseppe Nicosia. Contratto che non è stato rinnovato dal nuovo sindaco Giovanni Moscato. Da mesi è disoccupato. «Sto cercando un lavoro – ha aggiunto Davide Stival – ma ancora non ho trovato alcunché. Speriamo…». Ai giornalisti che gli hanno chiesto la sua valutazione sull’ipotesi di un coinvolgimento del padre nell’omicidio da parte della moglie Veronica, l’uomo non ha risposto, rientrando in aula.

[Fotoserviziodi Laura Moltisanti]

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