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Il grande Gigi e i giovani vecchi
B uon viaggio, ragazzo ottantenne. Felicemente ironico sino all’ultimo: doveva essere il tuo compleanno, il giorno della morte. Quando non manca qualche cretino innocente che scrive o esclama “Cento di questi giorni”. Immagina tu, mentre i soloni goffi della politica pensano alla fucilazione di massa degli anziani… Buon viaggio Gigi, magico giocoliere di parole, una permanente fabbrica di “tipi”, un campione di immaginazione raffinata e, al contempo, popolare. Superavi le note della musica nell’armonia satirica. Hai concluso con un finale perfetto. Senza “bis”. La morte non li gradisce. “Perché si muore una sola volta ma si muore a lungo”. E, a volte, anche per i vivi i “bis” sono fonti di improvviso imbarazzo.
Il Maestro recitava al teatro greco di Taormina: una serata surreale per diluviale genialità. Avevo, allora, incarico istituzionale, quindi, gli organizzatori disposero due posti in prima fila per Gemma e per me. Gustammo –è il verbo giusto- la bellissima recita, in quello straordinario scenario naturale, dove parlano nella infinita immobilità, stelle, pietre, aria, luci…
Alla fine dello spettacolo, avendo esigenza di mantenere la puntualità col taxi che ci aspettava per condurci nello spiazzale della stazione di Taormina, dove avevamo posteggiato l’automobile, cercavamo di assecondare l’attesa dell’autista. Ci eravamo appena alzati, quando il mattatore, in contemporanea alla nostra uscita, riapparve chiamato a gran voce dal popolo degli ammiratori. Volevamo smaterializzarci. Ma, non ci fu né modo né tempo. Proietti si fermò, le luci lo centrarono assieme a noi in … transito, mentre lui commentava: “Non vorrei disturbare l’operazione di questi due signori” e puntò il dito verso la coppia che si augurava il buio momentaneo. Ad aggravare l’evento: Enrico e Maria Novella, che, a nostra insaputa, erano tra il pubblico con un gruppo di loro amici. I quali non persero l’amabile occasione di segnalare la coppia… mobile. I fratelli furono perentori: “Non li conosciamo”… Il racconto postumo ci vede sul banco degli accusati.
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Una lettrice ragusana volendosi complimentare per la presente rubrica esponeva un paragone con le diverse epoche della preparazione culturale nella politica. E indicava contro l’umiliante ignoranza attuale della stragrande maggioranza dei parlamentari, i tempi in cui i predecessori conoscevano “La Divina Commedia”, Foscolo, Leopardi e la “legge di Stevino”. Tra gli unti, generosamente, comprendeva il sottoscritto. Che si scusa con la gentile lettrice, perché devo confessare di avere conosciuto il nominato Stevino, solo a seguito della citazione. E non è giustificazione, ma doveroso senso della lealtà. Pensate che la “legge” steviniana fa sapere: “In idrostatica è un’equazione lineare, formulata da Simone Stevino, che permette di calcolare la pressione esistente ad ogni profondità entro una colonna di fluido conoscendo la densità del liquido stesso. La legge è una semplificazione dell’equazione di Eulero per la quantità di moto nel caso di fluido statico in almeno un sistema di riferimento con densità costante e uniforme e soggetto ad una forza uniforme in quel sistema di riferimento (quindi anche ad un’accelerazione uniforme essendo la densità costante)”.
Signora, apprezzi la mia sincerità: escludendo gli addetti alla materia, saremmo stati bocciati in massa. L’ignoranza, quella consentita però, la predicò Socrate. Facciamo un torto all’infinito Maestro?
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Scrivevo qualche settimana fa: “Il Covid, intanto, mentre a Roma si discute, semina morte e arruola paure. Confermo. Anzi, la situazione volge al peggio. Il Covid non legge la speranza.
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Gianni Pluchino è persona per bene, giornalista molto rispettato per serietà e misura. E’, però, in credito con la sorte. Nella enciclopedia del Cinema gli spettava un posto per avere contribuito a scolpire da “comparsa” un’epoca in una immagine: la carezza con l’alluce, gradita dalla bella Sandrelli, in “Divorzio all’italiana”, mentre sfrecciano in motoscafo. Noi siciliani sappiamo anche comunicare con le estremità del corpo, perché siamo… essenziali. Peccatori, appena, appena.. Omaggio al grande Germi, al ragusano Enzo Battaglia, suo vice, alla garbata, maliziosa recita fulminante di Gianni.
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Il rigattiere è un mestiere involontariamente culturale. Raccatta passato, memorie altrui, arredi di vite familiari, pezzi di storie materializzate. Ne conoscevo uno, che aveva… in canna la battuta fosforica. Rivolgendosi a un tale che gli aveva fatto il torto di vendere ad altri la mercanzia promessa, gli augurò una “morte nelle mattinate, così la famiglia non avrebbe perso la nottata”. Marziale, gli epigrammi, Longanesi, Flaiano, sono i parenti ricchi. A don Peppino “u catanisi”, basta e avanza il presente ricordo, anche se non lo leggerà.
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Infine. Emanuele Censabella di Gela – dalla bella scrittura di Maria Concetta Goldini – che girava gli asili scolastici per regalare, prelevandola dal proprio “carrettino”, la granita ai bambini poveri, che non potevano premettersela. Completò la personalità prenotando in vita il loculo dove nel marmo mancava solo la data di morte. Anime belle! Ora, si recita una oscena esibizione che ha come attori: Grillo, l’ideatore, e poi a seguire altri “statisti”. Li abbiamo evocati in apertura della presente rubrica, senza fare i nomi. Ci siamo detti: ma come è possibile che passi senza l’onore della notorietà la genialata dell’interesse istituzionale per i cittadini anziani?
Gigi Proietti li ha risparmiati da ogni commento, andandosene in tempo, senza dare confidenza. Noi vogliamo ricordare gli inventori del “nuovo Taigeto”, quelli che vogliono escludere gli anziani dal voto alla libertà di circolare e di curarsi: meritano solo l’augurio che lorsignori non ci arrivino a quella età. Evitando così sofferenze e umiliazioni.
Augurando, perciò, ai nipoti di nascere orfani. Anzi, da “provetta”.