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Il giallo del neonato “sparito”: verità opposte nelle cartelle

Di Mario Barresi |

Caltagirone (Catania) –  Lei continua a ripetere: «Non sono pazza, erano due!». Proprio mentre l’Asp parla di ricostruzione «inverosimile» e il procuratore di Caltagirone sostiene che «c’è un solo feto nell’ecografia del “Gravina”».

Non trova pace O. W. D., la venticinquenne nigeriana ospite del Cara di Mineo che ha denunciato la scomparsa di uno dei due gemelli che sostiene di aver portato in grembo fino al parto, avvenuto a Caltagirone lo scorso 9 dicembre. La Procura di Caltagirone ha aperto un’inchiesta conoscitiva, sequestrando le cartelle cliniche.

L’Asp: notizia «inverosimile»

Ieri mattina arriva la secca smentita dell’Asp di Catania. La “sparizione” di uno dei due gemellini nigeriani è «inverosimile». Auspicando che «la magistratura farà luce sull’accaduto», è stata «avviata anche una indagine interna sui fatti». Agli atti della cartella clinica, assicura l’Asp, «c’è un’ecografia che documenta la presenza di un feto singolo».

La paziente arriva al pronto soccorso di Caltagirone alle 10.09, «per algie pelviche in gravidanza alla fine della 40ª settimana di gestazione». Trasferita in Ginecologia e Ostetricia, dove «è stata sottoposta a visita e agli accertamenti dovuti, secondo le procedure previste»: un’ecografia (che documenta «la presenza di feto singolo, con sviluppo corrispondente alla 40ª settimana di gestazione») e «tracciato cardiotocografico». Durante il monitoraggio, «date le alterazioni del tracciato, si è reso necessario intervenire con taglio cesareo in emergenza». Il finale: «Alle ore 12.05 la donna ha dato alla luce, con parto cesareo, un neonato, maschio, di 3,570 kg». Particolare importante: nella nota si parla di «anestesia spinale», smentendo il racconto della nigeriana, che ai poliziotti di Caltagirone aveva raccontato di un’«anestesia totale, o così almeno credo poiché ho perso totalmente la conoscenza e quando mi svegliai ero in una stanza del reparto da sola».

Il pm: solo un feto al Gravina

Interviene anche il procuratore di Caltagirone, «soltanto per evitare che sul caso si crei un ingiustificato allarmismo». E precisa: «C’è un solo feto nell’ecografia agli atti della cartella clinica, sequestrata dalla polizia nell’ospedale di Caltagirone». E «al momento non ci sono elementi del contrario».

«L’ecografia è certificata – osserva Giuseppe Verzera – riporta tutti i dati completi: paziente, data, orario, operatori. E coincide con la nascita di un bambino di quel peso, che non consentirebbe, di per sé, la presenza di un altro gemello nella placenta».

L’inchiesta non è chiusa: «Indagheremo ancora con la polizia , che si è dimostrata presente ed efficiente, per avere un quadro completo», conclude.

I dubbi dei legali del Cara

Se fosse la parola di una donna fragile (ma tutt’altro che inattendibile, secondo gli psicologi che la seguono) contro la cartella clinica di un ospedale, allora il caso sarebbe chiuso. Anzi: non ci sarebbe stato neanche bisogno di aprirlo. Né con gli esposto in commissariato e in Procura; né col susseguente fascicolo aperto; né con il racconto di ieri sul nostro giornale.

Ma, carte alla mano, non è così. Perché adesso esce allo scoperto il legale incaricato dal Cara di Mineo di seguire la vicenda. Tommaso Tamburino, avvocato catanese, è stato chiamato in causa subito dopo la prima denuncia presentata dalla donna il 27 dicembre (lo stesso giorno delle dimissioni dall’ospedale), accompagnata da una mediatrice culturale. «Seguo questa vicenda – afferma l’avvocato – perché i vertici del Cara l’hanno ritenuta delicata, poiché il fatto denunciato dall’ospite non è fondato soltanto sulle sue parole, ma anche sugli atti della vista al “Santo Bambino” di Catania tre giorni prima del parto a Caltagirone». La versione di O. F. «appare riscontrata dalle cartelle cliniche con un tracciato allegato, in cui si evidenzia la presenza di due feti», afferma Tamburino. Ricordando anche che «le cartelle sono state verificate e attestate dai nostri consulenti medico-legali». Non una «tesi precostituita», ma la «richiesta di indagini approfondite», sostiene.

I tracciati a Catania: due feti

Cosa c’è in queste cartelle cliniche? L’avvocato alza il muro del riserbo. Ma, da fonti in prima linea nell’indagine, apprendiamo che nei pochi fogli consegnati alla donna dopo la visita del 6 dicembre al “Santo Bambino”, c’è una relazione in cui si mette nero su bianco che si tratta di «gravidanza gemellare in regolare evoluzione».

Non c’è l’ecografia (e questo non è un dettaglio trascurabile), forse per un guasto alla stampante. Ma ecco i due tracciati con altrettante fotografie, distinte con le diciture “feto 1” e “feto 2”, con la descrizione delle diverse posizioni dei due presunti gemelli. Circostanza che – si sostiene in ambienti sanitari – sarebbe stata confermata dal medico del “Santo Bambino”, già sentito dalla polizia.

Lo scenario delle indagini

Arriviamo al dunque. Ammesso che la cartella clinica del “Gravina” racconti davvero cos’è accaduto il 9 dicembre (il contrario sarebbe tanto abominevole da essere inverosimile tout court), l’onere della controprova non riguarda soltanto il racconto della mamma nigeriana, che comunque viene reputata «lucida» e «razionale» dagli psicologi del Cara di Mineo. Né depressione post parto, né elementi di mitomania: O. F. D. ripete, sin dal primo giorno, la sua verità. E ricorda anche le «almeno quattro ecografie all’ospedale di Tripoli», tutte con lo stesso esito del tracciato al “Santo Bambino”: due feti in grembo. Un elemento che, anche per non lasciare nulla di intentato, potrebbe convincere la Procura a chiedere una rogatoria interazionale per acquisire le cartelle cliniche dalla Libia.

Ma non è la parola della giovane nigeriana contro quella dell’ospedale di Caltagirone. Perché a contrapporsi sono due diverse verità mediche: quella del tracciato del 6 dicembre al “Santo Bambino” (che attesta la gravidanza gemellare) contro quella della più corposa cartella clinica del “Gravina”, nella quale si certifica il parto di un solo bambino. E allora, per dirla con le parole dell’Asp, visto che «è inaudito immaginare che un’intera équipe di operatori, almeno nove, complottino per far “sparire” un neonato dopo un parto», cos’è successo davvero?

«Gli accertamenti sono in corso per capire cosa sia successo a Catania, dove purtroppo non c’è la stampa di un’ecografia», ammette Verzera. Con l’ipotesi che il tracciato dei presunti fratellini potrebbe essere un doppio esame sullo stesso feto? E perché, al di là del rifiuto della paziente, una donna alla 39ª settimana di un parto certificato come gemellare viene dimessa? E poi, altro scrupolo, ricostruendo cos’è successo nei tre giorni fra la visita a Catania e il ricovero a Caltagirone. Senza trascurare, è ovvio, il dovere di scrivere la verità definitiva sui 19 giorni (dal 9 al 27 dicembre) trascorsi al “Gravina” dalla giovane mamma nigeriana.

O. F., alla sua amica del cuore Doris, ripete: «Erano due, li hai visti pure tu mentre li portavano via…». Con il giuramento-mantra: «Non sono pazza, io non sono pazza». Mentre piange. Stringendo a sé il suo bimbo. Soltanto una metà, secondo lei, della nuova vita che sognava. Dopo essere rimasta incinta – in un capannone, in Libia, prigioniera pagante dei mercanti di persone – di un compagno di destino ma non di viaggio. Un bel giovanotto del Mali. Chissà dov’è, quello che lei chiama ancora «il mio amore». Oltre che «il padre dei miei due figli».

Le tappe

5 dicembre Partita il 4 dalla Libia, sbarca al porto di Catania

6 dicembre Visita al “Santo Bambino” di Catania: «Gravidanza gemellare in regolare evoluzione» dice il tracciato.

9 dicembreAlle 10 ricovero al “Gravina” di Caltagirone. Alle 12,05 certificata la nascita di un bimbo, «parto cesareo con anestesia spinale»

27 dicembreEsce dall’ospedale e presenta denuncia al commissariato di Caltagirone.

13 gennaioEsposto dei legali del Cara Mineo alla Procura di Caltagirone, che apre un fascicolo conoscitivo

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