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Il “conte” siciliano che scoprì la cantante-ballerina Joséphine Baker

Il “conte” siciliano che scoprì la cantante-ballerina Joséphine Baker

Giuseppe “Pepito” Abatino, figlio di una palermitana, in realtà era uno “scalpellino”

Di Antonio Fiasconaro |

Il mondo è fatto da tanti “conti Max”, cioè imbroglioni, millantatori, “arrampicatori sociali”, “arruffoni” e, perché no, anche ciarlatani. Se fossero ancora in vita Mario Camerini e Giorgio Bianchi, due registi che firmarono il primo “Il signor Max” (1937) e il secondo “Il conte Max” (1957) con protagonisti rispettivamente Vittorio De Sica e Alberto Sordi, avrebbero sicuramente rifatto un remake ispirandosi a Giuseppe “Pepito” Abatino. Non tutti sanno però chi è stato questo strano quanto enigmatico personaggio. Non tutti possono immaginare come “Pepito” dall’oggi al domani, abbia fatto le fortune sue e di una soubrette afro-americana che calcò i palcoscenici di tutto il mondo tra gli anni Trenta e Sessanta del Novecento.   Quella cantante di blues, ballerina e attrice molto sexy, meglio conosciuta come la “Venere nera” o “Venere d’ebano” non era altro che Joséphine Baker. Giuseppe “Pepito” Abatino era figlio di una casalinga palermitana ed era emigrato in Francia dopo la Prima Guerra Mondiale. Pepito si faceva passare per un nobile siciliano, conte di Calatafimi, con tanto di biglietto da visita che elargiva in tutte le occasioni, ma nella realtà non era affatto un aristocratico, bensì un arguto e astuto millantatore capace, con il suo fascino e la sua eleganza, di entrare prepotentemente nella vita notturna e mondana della Parigi degli anni Trenta.   Si vanta, ma forse lo sarà davvero, di conoscere la “creme” di mezza Parigi. Scavezzacollo, amico di impresari e direttori di teatro e tra i tanti anche di monsier Derval, direttore del celebre “Folies-Bergère”. Si deve a “Pepito” Abatino la scoperta, nel 1925, dell’allora sconosciuta Joséphine Baker, che nel 1926 la farà scritturare alle “Folies-Bergèr” esordendo con la rivista “La folie du jour”. Quella follia di un giorno che durerà tutta la vita. Le cronache del tempo descrivono “Pepito” come un italiano dai modi cordiali ed eleganti ma dal fascino non poco misterioso. Dopo l’Italia, la Francia per lui è la seconda Patria. Per tanti anni sul suo curriculum c’è un fitto alone di mistero, fino al 1936 anno della sua morte.   Chi era veramente Giuseppe “Pepito” Abatino? Ci sono voluti ben 78 anni per svelare il mistero attorno a questo strano personaggio. Ci siamo riusciti dopo lunghe indagini e ricerche storiche compiute tra Palermo, Roma e Parigi.   Dobbiamo affidarci pure al racconto di Arys Nissotti, amico comune con Joséphine Baker per comprendere chi fosse Giuseppe Abatino. «Volevo molto bene ad Abatino – racconta – l’avevo conosciuto a Tunisi come manager di Joséphine. Terribile, intelligentissimo, molto duro ma di una correttezza perfetta in affari. Eravamo diventati molto amici. Conte italiano? Sì… so che si è anche detto che non era mai stato conte. Si diceva che fosse stato decorato dalla Guardia italiana di cui era stato un brillante ufficiale prima di innamorarsi pazzamente di Joséphine». Dicerie, soltanto “frottole”, narrate negli ambienti dello spettacolo parigino per “penetrare” negli entourage dei maggiori teatri dell’epoca. Si sa soltanto che Giuseppe Abatino lascia la città di Palermo per raggiungere Parigi, qualche anno dopo il primo conflitto mondiale.   Il fratello Emanuele nasce nel capoluogo dell’Isola il 4 giugno 1896 e, durante la Grande Guerra serve la Patria lasciandoci anche la vita. Morirà il 15 giugno 1918, a soli 22 anni, sul Montello, al centro del fronte del Piave. Verrà insignito di due medaglie d’argento al valore militare.   Di Giuseppe nei primi anni Venti nel soggiorno parigino si sa ben poco, a parte la sua “nomea” di conte di Calatafimi. Grazie ai suoi modi di grande impostore riesce ad entrare con facilità nei salotti parigini del tempo. Il 1925 è la svolta della sua vita. Conosce Josèphine Baker, fino ad allora soubrette poco conosciuta negli ambienti del charleston.   “Pepito” la scopre, appena ventenne al “Casino de Paris”, dove la cantante e ballerina di Saint Louis, anche lei emigrata a Parigi, lancia la canzone “J’ai deux amours” che poi, nel corso degli anni, sarebbe rimasta per sempre legata alla sua immagine. Giuseppe Abatino decide di diventare suo manager ed è proprio lui che inventa per lei lo show con tanto di strip-tease pudico e fatto con humor, facendole indossare soltanto un gonnellino con sedici banane pendenti.   Un musical che fece tanto successo e clamore per quel tempo che gli valse una serie di scritture presso altri locali parigini. Giuseppe Abatino, nasce a Calatafimi, in provincia di Trapani, dove sono state scritte pagine epiche della storia d’Italia grazie allo sbarco dei Mille del generale Giuseppe Garibaldi, il 10 novembre 1898, alle tre e dieci del mattino in un’abitazione di corso Vittorio Emanuele. Suo padre Tommaso, figlio di Raffaele era nato nel 1860 a Falerna, in provincia di Catanzaro, mentre la mamma, Maria Immacolata Mulè Li Bassi, di Giuseppe e Cristina Mulè Li Bassi, era nata a Palermo il 7 aprile 1861.   Quando Giuseppe viene alla luce, il padre Tommaso è capitano del 14° Fanteria di stanza a Trapani. Tommaso e Maria Immacolata Mulè Li Bassi, erano convolati a nozze a Palermo il 30 gennaio 1890. Giuseppe risiede a Calatafimi appena qualche anno, poi sua padre viene trasferito di nuovo a Palermo ed è qui che il piccolo Giuseppe con gli anni comincia a sognare di voler emigrare un giorno verso la capitale francese.   Dei suoi primi anni a Parigi si sa ben poco, anzi quasi nulla. Nel 1926 a raccontare qualcosa sul suo conto ci pensa un altro palermitano, Vincenzo Maria Zito (Palermo 1900- Palm Beach 24 dicembre 1966), un caricaturista “giramondo”, cresciuto artisticamente alla corte degli imprenditori Florio, racconterà: «Ho conosciuto Giuseppe Abatino al “Joe Zelli” (noto club della capitale francese, ndr) e Pepito seppi era lo scopritore della soubrette Joséphine Baker. Ho lavorato con loro nel loro locale per circa due anni e poi decisi di emigrare in America. Abatino? Si faceva chiamare conte di Calatafimi ma non lo era. Seppi più tardi che invece era un’abile scalpellino».   Racconta ancora Arys Nissotti: «Pepito e Joséphine formavano una coppia perfetta, che non passava inosservata. Lui viveva che per lei; lei non poteva vivere non vivere senza lui… ».   A Joséphine poco importa che il “suo” Pepito non è conte di Calatafimi, lo ama e lo segue ovunque. Malgrado gli alti e i bassi che i due ebbero in dieci anni di relazione e non solo artistica. Un giovane cronista belga nel 1926 che poi diventerà uno scrittore di successo, Georges Simenon, noto al grande pubblico soprattutto per avere inventato il commissario Maigret conosce il 2 gennaio 1925 Joséphine Baker e se ne innamora tanto da scrivere: «… un corpo dorato dai seni turgidi come quelli di una polena, che si contorce in preda a spasimi di desiderio… Le lunghe gambe, il sedere che si agita freneticamente, le lunghe dita sottili protese verso il pubblico o che accarezzano il suo stesso corpo o il viso straordinariamente espressivo e mobile… Ella combina in sé quel pizzico di odio, un’ombra di vendetta e il giustificato orgoglio della pura animalità. E’ piena di ironia, di istinto e di furia sensuale… ».   Ed è lo stesso Simenon a svelare all’artista la vera identità del “suo” Pepito, mettendola in guardia. In una lettera inviatale nel 1927 scrive: «Je te dis que ton Pepito est un imposteur. Il n’est pas plus comte que moi je suis le président des Etats-Unis. Il s’appelle Giuseppe Abatino et il travaillait comme gigolo chez Zelli avant de te mettre la main dessus. C’est un pique-assiette, un escroc, un parasite. In n’a jamais été fichu de se payer une bière avec son propre argent. Il n’a jamais travaillé. Il est plutot du genre à faire travailler les femmes, si tu vois ce que je veux dire… J’ai mené ma petite enquete, figure-toi! Il n’y a jamais eu d’Abatino pouvant se prévaloir du moindre quartier de noblesse en Italie! Tu veux savoir sous quelle profession il est enregistré à la préfecture de police? Je vais te le dire quand meme: platrier! C’est un maçon, ton comte! ». (Ti dico che il tuo Pepito è un impostore. Egli è conte come io sono presidente degli Stati Uniti. Si chiama Giuseppe Abatino e lavorava come gigolo da Zelli prima di metterti le mani addosso. E’ uno scroccone, un truffatore, un parassita. Non è mai stato capace di pagarsi una birra con il proprio denaro. Non ha mai lavorato. E’ piuttosto del genere che fa lavorare le donne, sai cosa voglio dire. Ho fatto una piccola ricerca. Non è mai esistito un Abatino nobile in Italia. Tu vuoi sapere sotto quale professione è registrato al commissariato di polizia? Io te lo dico ugualmente: stuccatore! E’ un muratore il tuo conte!).   Simenon ha a cuore la sua ex “fiamma” e nel chiudere la sua missiva si rivolge a Joséphine in questi termini che non lasciano alibi: «Mi fa davvero male saperti nelle mani di questo tipo… ».

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