sostenibilita
Il clima è servito, ristoranti ‘green’ e non a confronto
Roma, 28 nov. – (Adnkronos) – Il clima è servito. Nella lotta ai cambiamenti climatici anche un ristorante può fare la differenza. Come? Facendo scelte sostenibili a partire dalle filiere più impattanti che sono quelle della carne e dei latticini; sostenendo i produttori locali di piccola scala; riducendo gli sprechi e scegliendo prodotti bio. Quantificare questo impegno in termini di riduzione dell’impatto ambientale è possibile, lo ha fatto una ricerca condotta Indaco2, società di consulenza composta da esperti in sostenibilità e comunicazione ambientale, che ha messo a confronto tre tipologie di ristoranti.
Il ristorante ‘green’ preso a modello è Les Résistants, nel quartiere République di Parigi, che dal menù ai fornitori compie scelte attente e responsabili secondo la filosofia Slow Food; l’altro è un ipotetico locale che propone un menù identico ma fa scelte di acquisto convenzionali, cioè da fornitori non biologici né agroecologici. Quest’ultimo genera in un anno 134 tonnellate di CO2 equivalente con una carbon footprint che corrisponde alle emissioni di un’auto che percorre 373mila km. Un impatto ambientale doppio rispetto a Les Résistants che in un anno genera 67,34 tonnellate di CO2 (187mila km in auto).
Va peggio se a confrontarsi con il ristorante ‘slow’ è uno che propone un menù più ricco di piatti a base di carne e latticini, che non presta attenzione a evitare sprechi in cucina e in sala e sceglie produttori convenzionali: in un anno genera 301 tonnellate di CO2, pari a 822mila km percorsi in auto. Il suo impatto è 4,5 volte superiore a quello del ristorante green.
Ma a cosa si deve l’impatto ambientale di un ristorante? Per quanto riguarda le materie prime utilizzate, a pesare di più sull’ambiente sono carne (52%) e latticini (13%), seguiti dalle bevande (6%), pesce (ma anche elettricità, 5%), cereali, verdure, uova e frutta.
Insomma, è molto condizionata dalla scelta di materie prime prodotte secondo pratiche agricole e zootecniche virtuose più che dalle distanze percorse dai singoli prodotti acquistati: i concetti di filiera corta e chilometro zero, soprattutto nel contesto delle grandi città, hanno infatti una valenza relativa. Anche la loro politica di zero-spreco incide fortemente nel limitare il loro impatto ambientale.
La ricerca è stata presentata a Bologna, presso Fico Eataly World, in occasione dei 10 anni dell’Alleanza Slow Food dei Cuochi.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA