Il Cas, “gallina dalle uova d’oro” fra appalti e sprechi milionari

Di Mario Barresi / 19 Novembre 2014

MESSINA. La fatwa giudiziaria è arrivata ier nel primo pomeriggio: «Sì, vabbe’… Non vi eccitate troppo con questa storia, perché siamo all’antipasto. Anzi: all’aperitivo». E le parole di un investigatore con parecchio pelo sullo stomaco non sono che il sigillo a un chiacchiericcio di vecchia data. Attestato dallo stesso Rosario Crocetta: «Al Cas è stato quasi sempre malaffare: le privatizzazioni infinite, l’eterna autostrada Siracusa-Gela-Trapani, il personale in sovranumero in alcuni settori e in altri volutamente carente». E il governatore, a cui bisogna riconoscere l’intuizione di aver messo il Consorzio Autostrade Siciliane in cima al suo “dossier manciugghie”, stavolta, insolitamente, arrotonda per difetto. Pur sbraitando contro «una sorta di cassaforte delle tangenti e del malaffare, in rapporti con imprese mafiose».
 
Sì, perché gli arresti di ieri sono davvero la prima pietra. I magistrati hanno pile di scartoffie sulle tante anomalie nella gestione del consorzio. Il ricordo va ai due alti dirigenti che, un quarto di secolo fa, tenevano in banca 70 miliardi di lire destinati alle manutenzioni. Non lontanissimi dagli scandali di oggi. Anche perché è di marzo scorso la notizia dei sigilli della finanza nella stanza dell’Economato del Cas, su disposizione del procuratore aggiunto Ada Merrino che indaga su un sospetto buco di bilancio inizialmente stimato in 12 milioni di euro.
Anche dall’ispezione interna chiesta qualche mese fa dall’allora assessore regionale ai Trasporti, Nico Torrisi, emergono numerose «criticità». Che hanno creato non pochi imbarazzi, oltre che in buona parte della deputazione messinese, anche nel precedente governo Crocetta, nel quale sedeva – sempre per l’Udc dello stesso Torrisi – l’ex presidente del Cas, Patrizia Valenti.
 
«Io avevo appena cominciato – ammette Torrisi – ma era già chiaro che il Cas è un verminaio coperto da mala gestio politica». Adesso la patata bollente passa proprio al dirigente che stava coordinando quel dossier, Giovanni Pizzo, neo-assessore sempre con lo scudetto dell’Udc del messinese Gianpiero D’Alia. «Il sistema di controlli e vigilanza dev’essere rafforzato, proprio per quel principio che vede il sistema delle autostrade siciliane come un patrimonio per l’economia e la società siciliana», dice adesso Pizzo.
Così come il presidente Rosario Faraci, gelese fortemente voluto da Crocetta, rilancia «l’azione di risanamento dell’ente necessaria per garantire l’eliminazione di qualsiasi comportamento deviato».
 
Ma intanto le carte parlano. Con circa 500 dipendenti, uno ogni due chilometri di autostrada, e 80 milioni di euro l’anno di pedaggi, il Cas è una gallina dalle uova d’oro per tutti.
Dai dirigenti superstipendiati, ai dipendenti (una sessantina, nell’ultima “infornata” assunti con procedura privatistica) fino ai casellanti. Che arrivano a guadagnare fino a 2.900 euro al mese. Su questo aspetto c’è un braccio di ferro fra il presidente Faraci (che vorrebbe l’inquadramento regionale) e i sindacati che si battono per mantenere il contratto nazionale Italstrade; già una trentina di dipendenti hanno vinto le loro cause al giudice del lavoro.
 
Gli interessi più imbarazzanti, però, sono nell’esternalizzazione. Di tutto. Perché con centinaia di dipendenti non c’è un vero e proprio ufficio legale. E quindi fioccano le consulenze. Riportate sul sito fino al 2011, anno in cui spiccano i 2.000 euro lordi mensili per un anno all’avvocato Claudio Alongi, marito del segretario generale della Regione, Patrizia Monterosso. Nonostante le consulenze di principi del foro (anche se si ricordano un paio di casi di mandati pagati più volte o di ricorsi “dimenticati” dai legali con la causa persa dal Cas), qualcuno stima che se domani mattina arrivassero a conclusione i contenziosi di decine di milioni con le ditte appaltanti il Consorzio fallirebbe. Si sta lavorando, con transazioni giunte a un 20% del totale, ma la strada è ripida. Eppure è la parte tecnica ad assorbire le risorse più ingenti: progettazione, perizie, varianti. Fino al 2009 c’erano in organico solo due ingegneri. Con milioni di euro affidati a imprese esterne, tra cui spicca in molti casi la Tecnical di Nino Bevilacqua.
E si arriva fino alla scerbatura: misteriosamente rimandata per anni la convenzione con la Forestale, sono stati numerosi e ricchi gli affidamenti alle ditte esterne. Giusto per non far mancare nulla. A nessuno. Tanto che problema c’è? Paga il Cas. Sul conto di mamma Regione.
twitter: @MarioBarresi

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Redazione
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