Il burocrate miope e i cavilli
Il burocrate miope e i cavilli
Al Commissario dello Stato non piace che in Sicilia vengano introdotte norme che rendano trasparenti gli atti della pubblica amministrazione, comprese le società partecipate, veri e propri carrozzoni pubblici, celati dalla sigla Spa. Nessuno deve sapere, secondo il prefetto Carmelo Aronica, o chi per lui, come vengono assegnati i sub-appalti – spesso appannaggio di imprese in odor di mafia – o di quanto fanno lievitare le spese le perizie di variante che vengono fatte in corso d’opera. Due principi di grande trasparenza che l’Ars ha voluto introdurre nell’ordinamento regionale, per evitare che mafia e truffatori di ogni specie continuino a spadroneggiare. Ma i burocrati del Commissariato dello Stato che rispondono? Che si tratta di procedure in difformità con il Codice nazionale degli appalti (dlgs 163/2006): «Le forme di pubblicazione di avvisi, bandi e atti di gara ineriscono alle procedure di affidamento, secondo quanto acclarato da codesta Corte nella sent. 411/2008, e pertanto rientranti nella materia della tutela della concorrenza, di competenza esclusiva dello Stato. Le norme del predetto codice costituiscono un legittimo limite della potestà legislativa della Regione che si ritiene non possa adottare, per quanto riguarda la tutela della concorrenza, una disciplina con contenuti difformi da quella assicurata dal legislatore statale… ». In pratica, si ricorre ad un decreto legislativo del 2006 (Codice degli appalti) e ad una sentenza della Consulta del 2008, per dire no – per partito preso? – ad una norma che ha l’unico obiettivo, attraverso la pubblicazione sui quotidiani, di rendere trasparente l’opaco mondo degli appalti pubblici. La legislazione non può essere statica, ma deve essere dinamica e capace di adattarsi alle mutate condizioni sociali. «Tutela della libera concorrenza»? Non sembra che le leggi in vigore tutelino nulla, come gli scandali dell’Expo di Milano e del Mose di Venezia dimostrano. Prevedere la pubblicazione dei sub appalti, anche taciti, e delle perizie di variante non cambia la natura della legge nazionale, caso mai la renderebbe più efficace. L’Ars lo ha capito, così come il presidente della Regione, Rosario Crocetta, che ha firmato di proprio pugno l’emendamento approvato, prima in commissione Bilancio e, poi, dall’Aula. Diventa davvero difficile credere che alti funzionari dello Stato non si rendano conto di quanto sia importante, in Sicilia, portare tutto alla luce del sole. E che il cittadino non può essere informato solo con la pubblicazione degli atti sui siti internet istituzionali, spesso inaccessibili. Il Commissario dello Stato ha ritenuto d’impugnare anche il comma sull’obbligo delle società a totale o maggioritaria partecipazione della Regione di pubblicare i bilanci per estratto, su almeno due quotidiani e su un periodico aventi diffusione regionale. Obbligo esteso alla stessa Regione, Liberi consorzi di comuni, Città metropolitane, aziende del settore sanitario, ecc., come previsto dalla legge n. 67 del 1987 e successive modifiche. Secondo Aronica, non sarebbe stata indicata la copertura finanziaria con cui fare fronte alle nuove spese introdotte. Anche in questo caso viene citata una sentenza della Corte Costituzionale del 1981, ma non si tiene conto della direttiva emanata nel 2002 dall’allora ministro della Funzione pubblica, Franco Frattini, che imponeva a Comuni, Aziende sanitarie, società partecipate di individuare nel proprio bilancio un capitolo dedicato alle spese complessive per la comunicazione e informazione pubblica in una percentuale non inferiore al 2% delle spese generali. Principio ribadito nel decreto legislativo n. 177 del 2005. Sembra strano che vi siano leggi, sentenze e decreti legislativi conosciuti benissimo dal Commissario dello Stato, mentre altri sono ignorati, consentendo ad enti che sperperano i soldi dei contribuente di eludere ogni controllo. Il premier Renzi ha sempre affermato che la burocrazia è uno dei mali d’Italia. Gliene offriamo un esempio: è ben noto che in Sicilia la lentezza e la tortuosità della burocrazia ha creato scandali infiniti. Ma una volta che un governo e l’Ars hanno avuto il coraggio, quasi all’unanimità, di approvare un disegno di legge sulla trasparenza che sarà presa in esame in tutto il Paese, un miope burocrate, Commissario dello Stato, ignorando la realtà siciliana trova i cavilli per impugnarla, senza rendersi conto del valore morale e dei benefici di questa norma. Dovremo indicarlo come il responsabile, nel caso avvenissero nuovi scandali? Intanto, il governo e l’Ars per difendere la propria dignità approvino subito un disegno di legge in materia di trasparenza e comunicazione. Perché i siciliani devono sapere quel che accade nei palazzi del potere.