Oggi un anniversario s’impone alla nostra attenzione, il 9 novembre 1989: trent’anni fa cadeva il Muro di Berlino e finiva il mondo delle frontiere chiuse e della guerra fredda, per poi raggiungere rapidamente l’era della globalizzazione.
Eppure con l’arrivo del mondo globale tutte le identità di sono ristrutturate. Erano come delle correnti di freddo: la paura, gli emigrati, la crisi economica. Ognuno ha ricostruito la sua casa recuperando il materiale vecchio del nazionalismo, delle identità, della religione usata contro e non come ponte.
Il muro che separa le religioni è un muro molto esteso ma non culturalmente ben piantato all’antica terra d’Europa. Un muro ben visibile in alcune regioni e città del mondo, come ad esempio ad Aleppo ed in Siria, dove ancora preghiamo per i vescovi Mar Gregorious e Paul Yazigi, oltre che per Paolo Dall’Oglio, da tempo sequestrati.
Lo possiamo ancora vedere guardando il Mediterraneo, dove un muro d’acqua sembra essere invalicabile per tanti uomini e per le religioni che portano sulle loro gambe.
Ma il Dio che viaggia sui barconi, nelle preghiere trovate nelle tasche di chi non ce l’ha fatta o in quelle di ringraziamento per chi è arrivato, è il Dio che ha superato questo muro ed è pronto ha superare ogni barriera eretta dagli uomini. Un Dio che vive in cielo proprio perché sa che esso non può essere separato. Ecco perché vinceremo la sfida dell’accoglienza, perché le strade delle religioni portano tutte al cielo.
Ma i muri esistono anche nelle città, dove tropo spesso si confonde l’islamico col terrorista o e la parola “ebreo” è usata come un insulto.
Sorgono anche in luoghi impensati mantenendo sempre i mattoni dell’ignoranza e la calce della paura. Come è successo di recente in Italia dove una donna ebrea sopravvissuta ai campi di concentramento è costretta a vivere sotto scorta a causa delle minacce ricevute sui social. Lei è Liliana Segre, Senatrice della Repubblica, alla quale da cittadino europeo manifesto la mia ammirazione, mentre da cittadino italiano porgo le mie scuse, vergognandomi per la stoltezza di chi non conosce la terribile storia della shoah.
Ma i muri spesso crollano in modo in aspettato, come accadde proprio nel 1989.
C’è chi dice che la prima crepa di quel muro avvenne nel 1978 con l’elezione di Giovanni Paolo II ed il suo lavoro di dialogo ed incontri: da Gorbaciov a quello tra le religioni iniziato ad Assisi nel 1986 e portato avanti da Sant’Egidio.
Ed è proprio a tale dialogo, al lavoro del Papa e degli altri leader religiosi che affidiamo il superamento dei muri, sapendo che il lavoro dell’uomo è parecchio più fragile dell’opera di Dio. I muri che separano cadranno e lo faranno improvvisamente, soprattutto se gli uomini di fede continueranno a cercarsi per avere un contatto, o meglio un abbraccio.
Emiliano Abramo, portavoce regionale della Comunità di Sant’Egidio