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I nodi economici Sicilia, Partecipate senza controllo

Di Lillo Miceli |

Un’anomalia, presidente, gestire soldi pubblici come fossero privati.

«Se la Regione finanzia una Spa non si può dire che questa sia privata. Peraltro, sono società che creano deficit che la Regione deve poi ripianare».

Per esempio?

«Penso a Riscossione Sicilia, Seus, Sas, le Terme di Sciacca e Acireale, ma l’elenco potrebbe essere molto lungo».

Nello Stato esiste un controllo sulle Partecipate?

«A livello nazionale c’è un’apposita Sezione centrale che si occupa di enti sovvenzionati dallo Stato e di partecipate statali: un magistrato poi partecipa alle riunioni dei consigli di amministrazione che teoricamente dovrebbe solo ascoltare e poi riferire alla Sezione. Ma può capitare che di fronte all’adozione di atti illegittimi intervenga direttamente. Sicuramente la presenza di un magistrato, ha una funzione deterrente, anche nelle grandi multinazionali, come Enel o Eni, che hanno lo Stato come socio. Per le società minori, la Sezione riferisce al Parlamento».

Ma lei ha sollecitato l’Ufficio di presidenza della Corte dei conti affinché la Sicilia sia dotata di questa necessaria Sezione, per mettere un freno a clientelismi e privilegi?

«Tutto dipende dalla Regione e dagli input che vorrà trasmettere in merito alla commissione Paritetica Stato-Regione. Se arrivassero segnali di disponibilità, certamente investirei del problema il Presidente della Corte dei conti. Il fenomeno delle Partecipate è stata una fuga dalle regole di contabilità pubblica, di reclutamento del personale e di milionarie gare di appalto. Con consuntivi in molti casi in rosso. Occorre un piano di riordino di queste società, peraltro, più volte annunciato, ma non ancora realizzato, accompagnato da un vero controllo esterno della Corte sul modello degli enti statali».

Con il Decreto legislativo adottato nei giorni scorsi dal Consiglio dei ministri, la Sicilia riceverà 1,4 miliardi di euro per il 2017 e 1,685 miliardi dal 2018 in poi. I detrattori dell’intesa sostengono che la Sicilia si sia accontenta di un piatto di lenticchie, rinunciando al contenzioso.

«Come sezione di controllo sulla rinuncia al contenzioso, non abbiamo ancora fatto alcuna valutazione. Con questo decreto, però, almeno per tre anni la Regione avrà entrate certe e così potrà impostare bilanci affidabili. E’ auspicabile che non ci siano risorse destinate alle spese correnti a discapito degli investimenti. Nel 2015 sono stati eliminati residui attivi per circa 6 miliardi, come da tempo chiedevamo»

«Si aspetta un’amministrazione regionale oculata nell’impiego di queste risorse?

«I sintomi emersi in questi ultimi giorni appaiono sono contrari a tali aspettative, come si è visto con le polemiche suscitate dalla ripartizione dei fondi della Tabella H. Ma confido nel senso di responsabilità del Governo e dell’Assemblea Regionale per evitare un disastroso ritorno al passato».

Presidente, secondo lei, cosa occorre per avere una Regione con i conti in regola, virtuosa.

«La Regione, approfittando della prossima revisione dello Statuto, dovrebbe fare una profonda riforma delle sue prerogative, decidendo se intende essere ente di gestione o di programmazione. La Costituzione dice che devono essere i comuni a fornire i servizi. Anche la Formazione professionale dovrebbe essere di competenza dei comuni».

Ma parecchi comuni sono sul punto di fallire.

«C’è un allarme finanza locale: il 60% dei comuni è in dissesto finanziario camuffato e non dichiarato. L’ultimo che si è aggiunto alla lista è il comune di Casteldaccia, in provincia di Palermo».

La dichiarazione di dissesto sarebbe una catastrofe visto l’alto numero di comuni interessati.

«L’alternativa è adottare un piano di riequilibrio i cui effetti sono simili al dissesto. Solo che in quest’ultimo caso, scatterebbe la mobilità dei dipendenti. Comunque, sono salvaguardati i creditori dei quali si occuperà un apposito organismo prefettizio».

Gli uffici da lei diretti si occupano anche della registrazione dei decreti di spesa dei fondi Ue. A che punto è la programmazione 2014-2020?

«Sembra ci sia uno stallo terribile . Bandi o avvisi se ne vedono pochi. Mi sembra che sia stia ripetendo ciò che è accaduto negli anni precedenti, con tutti i rischi connessi. Tra l’altro, siamo l’unica regione ad avere il controllo di legittimità da parte della Corte su questi fondi. Recentemente, il Governo regionale ci ha chiesto di farlo anche sui Fondi di sviluppo e coesione (Fsc)».

Ma non dovrebbero essere i dirigenti e i funzionari regionali ad esercitare questo controllo?

«I funzionari regionali non sembra che “gradiscano” questa responsabilità. Noi siamo il loro scudo. Me ne rendo conto, ma nel resto d’Italia non è così».

Però, secondo la legge, se un finanziamento ha ottenuto il timbro di legittimità in fase di registrazione, il funzionario non può essere perseguito.

«Il nuovo codice di procedura, recita: “il pm dispone altresì l’archiviazione per assenza di colpa grave quando l’azione amministrativa si è confermata al parere reso dalla Corte dei conti in via consultiva, in sede di controllo e in favore degli enti locali nel rispetto dei presupposti generali per il rilascio dei medesimi».

Ma non dovrebbe essere il controllo interno della Regione a svolgere la funzione di prevenzioni di eventuali malversazioni?

«Sono tre anni che nella relazione di parificazione del rendiconto generale della Regione segnaliamo che il sistema di controllo regionale è ancora debole. Come è potuto accadere che funzionari della Formazione professionale caricavano somme sui loro conti correnti, piuttosto che agli effettivi destinatari? Sono stati pubblicati diversi piani anticorruzione, ma gli effetti non si vedono».

A livello nazionale, i partiti sono obbligati a rendere conto delle spese elettorali sostenute. In Sicilia?

«In Sicilia non c’è alcun collegio a cui rendere conto delle spese elettorali per le regionali. In Sardegna hanno provveduto con una legge regionale ordinaria».

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