I 75 anni de “La Sicilia”, non solo fatti e opinioni: fieri di dare voce all’Isola

Di Redazione / 15 Marzo 2020

Settantacinque anni fa, nel cuore barocco di Catania, un mostro di ferro che adesso faticheremmo a chiamare rotativa e che però farebbe la fortuna di collezionisti e musei, stampava un foglio, la prima e unica pagina de “La Sicilia”. La scorsa notte, alla zona industriale di Pantano d’Arci, la pronipote di quella macchina ha sfornato 88 pagine full color, ideale prosecuzione di quella prima edizione. 1945-2020, 75 anni, appunto, arco temporale in cui il mondo, questa terra, le nostre città, le nostre abitudini, le nostre sensibilità, insomma le nostre vite, sono cambiate più e più volte. Immutata è rimasta la voglia di raccontare il territorio, le cronache di ogni colore, l’ambizione di dare voce e occhi e orecchie ai siciliani tutti.

 

Ma questi che viviamo, purtroppo, non sono giorni di festa. Attorno a noi c’è angoscia, paura, spaesamento. E non intendiamo distrarci da ciò che il dovere di giornalisti ci impone di fare oggi, a maggior ragione oggi: garantire un’informazione corretta, puntuale, utile per sapere, capire, comprendere, riflettere. Non a caso le edicole restano aperte, perché lì si trovano quelli che sono beni di prima necessità, i giornali, «che sono antidoto alle fake news in fasi drammatiche come questa», ha detto e ribadito il sottosegretario all’editoria, Andrea Martella. Parole importanti di cui ci si dovrà ricordare sui tavoli degli aiuti ai lavoratori e alle imprese.

 

Ci sarà tempo per fare festa e incontrarci nelle piazze, nelle università, nelle scuole e nei teatri con la mostra di una selezione delle prime pagine più significative di questi 75 anni e gli eventi che abbiamo programmato e necessariamente “congelato”, in attesa che questa emergenza finisca. Perché finirà. #Andràtuttobene, scrivono milioni di italiani chiusi in casa e confinati in balcone, come ordinano le regole e consiglia il buonsenso.

 

Questi 75 anni, questo 15 marzo 2020, allora, soltanto come occasione per riaffermare una volta di più il nostro ruolo di amplificatori delle esigenze del territorio. Parlare di noi significa parlare di voi. Un ruolo legittimato dal consenso diffuso che sentiamo ogni giorno, aiutati dal poter guardare occhi negli occhi tutti, intanto i nostri lettori.

 

Un giornale non è soltanto la sommatoria di fatti e opinioni. È una sponda cui appoggiarsi quando c’è da reclamare l’affermazione di un diritto e quindi di un pezzo di vita, è un fattore importante nella costruzione di un’identità in cui riconoscersi, è un’agorà cartacea e virtuale in cui incontrarsi: per discutere, confrontarsi, litigare, vivere.

Per approfondire leggi anche: GLI AUGURI DEL SOTTOSEGRETARIO MARTELLA

 

Da 75 anni miriamo a fare questo e ce lo proponiamo anche adesso, nonostante i marosi della crisi dell’editoria tutta, il trauma della confisca della testata con la conseguente amministrazione giudiziaria, gli schizzi di fango, l’attesa per la sentenza d’appello, l’ininterrotta stagione di sacrifici che però non fiacca la redazione e tutte le altre componenti della filiera che alla fine di una giornata di lavoro portano “La Sicilia” in edicola o sul web.

 

Qui siamo e qui resteremo, moderni centurioni senza trincee da difendere se non la professione e il lavoro, se voi lettori vorrete. In fondo è già tempo di pensare ai nostri primi ottant’anni.

 

L’inserto speciale

“L’Isola allo specchio” è il titolo dell’inserto di 40 pagine, al centro del dorso locale e sulla nostra edicola digitale in versione gratuita dedicato ai 75 anni de “La Sicilia”. Con i messaggi del sottosegretario all’Editoria, Andrea Martella, del presidente della Regione, Nello Musumeci, dei sindaci di Catania e Palermo, Salvo Pogliese e Leoluca Orlando, anche testi di Alessandro Campagna, Gian Carlo Caselli, Enrico La Loggia, Gabriele Lavia, Antonio Martino, Ferdinando Scianna, Marcello Sorgi, la riproposizione di due reportage di Candidò Cannavò e Giuseppe Fava, di un’analisi di Nino Milazzo, la testimonianza di Fabrizio Miceli e articoli di Mario Barresi e Giuseppe Di Fazio.

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