Teatro
Giuseppe Cutino: «”Lingua di cane”, sempre in viaggio verso l’ignoto»
Nata a Enna, torna in scena l’11 maggio al Regina Margherita di Caltanissetta la piéce diretta dal regista alcamese, naturalizzato palermitano, Giuseppe Cutino, su testo di Sabrina Petyx, che lavora sulla migrazione nel senso più universale e ancestrale, che rimanda alla condizione nomade dell’uomo: «L’oblio è il destino più terribile»
Siamo tutti migranti alla ricerca di un porto e i nostri sogni sono la bussola di un viaggio che non sempre si conclude con l’approdo. È la potente metafora senza tempo e senza geografia di Lingua di cane, lo spettacolo che ha inaugurato la stagione del Teatro Garibaldi di Enna impaginata da Mario Incudine e che approderà sulla scena del Teatro Regina Margherita di Caltanissetta diretto da Moni Ovadia giovedì 11 maggio alle ore 20.30. Raccontare la condizione dei migranti senza retorica e infingimenti, affilare lo sguardo sulla carne viva, i sentimenti, le paure e le attese di chi lascia la propria terra d’origine per affrontare il mondo nella condizione spaesata del viandante. Sono le suggestioni da cui è partita l’originale esperienza del gruppo di attori che, per conto della Compagnia dell’Arpa e in residenza artistica al Teatro Garibaldi di Enna, ha realizzato il progetto di Lingua di cane con l’elaborazione drammaturgica di Sabrina Petix e la regia di Giuseppe Cutino, nomi di spicco nel panorama nazionale del teatro contemporaneo, la cui produzione in tandem è stata di recente raccolta da Cristina Valenti e pubblicata da Editoria & Spettacolo nel volume M’Arte, i teatro di Giuseppe Cutino e di Sabrina Petix.
Sabrina Petyx e Giuseppe Cutino
Nato da un’idea dell’attore ennese Franz Cantalupo e coordinato da Filippa Ilardo della Compagnia dell’Arpa, produttrice esecutiva dello spettacolo, Lingua di cane ha segnato il ritorno a casa di alcuni attori ennesi che si sono formati fuori dalla Sicilia e che ora hanno intrapreso importanti percorsi artistici lontano dalla città di origine. Insieme con Franz Cantalupo e Elisa Di Dio, anima quest’ultima della Compagnia dell’Arpa, sulla scena disegnata da Daniela Cernigliaro agiscono i giovanissimi Sara D’Angelo, Noa Di Venti, Mauro Lamantia, Rocco Rizzo, guidati dalla coreografa Mariagrazia Finocchiaro.
«Incudine ha lanciato questa sfida – spiega il regista Cutino -. Riportare gli artisti a casa per una lunga residenza sul tema della migrazione che, da loro vissuta in prima persona, riguarda fortemente il territorio dell’ennese, come del resto la Sicilia segnata nel corso della storia da un potente flusso migratorio». Formatosi nella più importante fucina d’arte contemporanea al seguito di Michele Perriera, Cutino cura con Sabrina Petix gli spettacoli della Compagnia M’Arte, mentre già da tempo affianca Emma Dante nella formazione degli attori, alla Scuola dei Mestieri dello Spettacolo del Teatro Biondo di Palermo, e nella realizzazione dei progetti legati all’Opera lirica della regista palermitana. «Il teatro in cui credo ha una valenza politica e sociale – ribatte il regista che proprio con il Macbeth della Dante si appresta a partire alla volta di Torino e, in estate, al Festival di Edimburgo -. Tutti gli spettacoli della Compagnia M’Arte nascono dall’urgenza di parlare del tempo presente. Ma rifuggiamo dal trattare un tema in modo frontale, perché il rischio sarebbe di limitarsi a vederne la superficie. Cerchiamo sguardi “laterali”, prospettive inedite. Come è avvenuto per Lingua di cane che ci ha dato la possibilità di lavorare sulla migrazione nel senso più universale e ancestrale, che rimanda alla condizione nomade dell’uomo».
Un’altra scena di “Lingua di cane”
Il titolo Lingua di cane sembra alludere alla babele linguistica prodotta dallo straniero che migra tra i confini ma in realtà si riferisce al nome di un pesce che vive appiattito sui fondali e che somiglia ai morti seppelliti negli abissi. «I titoli evocano qualcosa per significarne un’altra – aggiunge il regista -. Lingua di cane è il pesce sogliola che si mimetizza sul fondale sabbioso». Come pesci invisibili, i morti in mare che non raggiungono l’altra sponda sono condannati a rimanere sul fondo e a essere dimenticati. «L’oblio è il destino più terribile – conclude Cutino -. La cronaca ci induce a ripensare il nostro passato per non dimenticare. Lingua di cane è nato dalle improvvisazioni degli attori, poi curato da Sabrina Petix dal punto di vista linguistico per far emergere le sonorità di un dialetto, quello ennese, meno noto tra le parlate siciliane, e forse per questo più capace di evocare il passato, il senso più profondo del nostro stare sulla terra, ieri e oggi sempre in viaggio verso l’ignoto».
Giuseppe Cutino con Kaballà e Mario Incudine
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