Palermo – La cultura del consumo dell’acqua e i comportamenti virtuosi dei siciliani, ad oggi, rimangono una variabile poco percepita. Nei giorni dell’emergenza idrica a Palermo, quando sembrava imminente e inevitabile la turnazione e il razionamento del servizio, l’istantanea scattata fissava l’immagine della corsa all’acquisto di serbatoi e piccole cisterne. Ne dà conferma Gianfranco Zanna presidente di Legambiente in Sicilia: «La gente trova subito il modo di risolvere il suo problema. Manca una visione e una dimensione sociale di come si razionalizzano gli usi e si limitano gli sprechi».
I consumi
Il dato regionale del consumo si attesta sui 188 litri giornalieri per ogni abitante residente nell’Isola. Più vicino alla media europea (180-190 litri al giorno) e leggermente più distanziato da quella nazionale (221 litri al giorno). Il consumo domestico pro-capite dei principali territori siciliani fatturato, espresso invece in metri cubi, va dagli 84 mc di Catania ai 77.3 di Messina, passando per i 62 mc di Siracusa, i 59.3 mc di Trapani, i 55.7 mc di Palermo. Si scende di poco a Enna (49.2 mc), Ragusa ( 48.4) e Caltanissetta (48.2) Chiude Agrigento (35.1 mc) (Fonte ISTAT 2015). Secondo Mario Cassarà , dirigente regionale del dipartimento Acqua e rifiuti di Viale Campania: «Da quando ci sono i gestori di ambito, a prescindere da tutto il resto, dove l’acqua si paga e si emettono bollette, riscuotendole, il consumo è oculato, dove ci sono minori capacità di mettere a punto il servizio, il consumo è maggiore».
In altre parole, al di là del civismo su cui poter contare, occorre stabilire una relazione tra un corretto uso e l’organizzazione funzionale del servizio idrico. Se la risorsa viene fatta pagare chi consuma è sensibile. Dal “ chi più inquina al più paga”, al parafrasato “chi più consuma più paga”. Per quanto possa apparire banale, il miglior deterrente dunque passa da contatori che siano funzionanti, che si debbano poter leggere e da una capacità di riscossione ottimizzata. Del resto, la realtà è in costante e profondo mutamento. Il clima sub tropicale in Sicilia risulta sempre più caratterizzato da piogge brevi e intense. Piove cioè di meno e piove male. Negli ultimi tre anni i volumi di pioggia caduti in Sicilia sono diminuiti in media ogni anno del 30%. La vita dei laghi artificiali con le potenziali ricadute in termini di dissesto idrogeologico, rischia di accorciarsi della metà.
I costi
In compenso il costo dell’ utenza dell’acqua in Sicilia rimane purtroppo tra i più alti di tutto il Paese, arrivando a sfiorare la media di cinquecento euro in un anno. La dispersione arriva di poco sotto il 50% e le reti idriche sono più o meno datate anni’90 ed è cresciuta negli ultimi dieci anni, passando dal 36 al 45 %, un fenomeno più rilevato nella parte interna della Sicilia, dove il quadro è desolante. Ad Agrigento, Enna e Caltanissetta si pagano circa 500 euro l’anno, contro una media nel Paese pari a 376 euro. Il quadro della provincia di Agrigento è significativo nell’analisi dei suoi numeri. Le perdite raggiungono il 62,43% nel Comune di Favara, il 57,24 a Grotte, il 53,6% a Licata.
Le perdite
A Porto Empedocle su una popolazione residente di 17.044 persone sono 8.186 le utenze e 6390 le famiglie. Il volume giornaliero immesso è di 4.637 metri cubi. Le perdite arrivano al 56,04%. Più bassa la dispersione a Racalmuto (37,69%), mentre sale all’81,62% a Sambuca di Sicilia. Sciacca si ferma al 61,75%. Agrigento con portate medie di 216 litri a secondo ha un volume immesso di 18.698 metri cubi, un volume giornaliero fatturato di 8.313 metri cubi con una differenza di perdite del 55%.
Nella normativa di settore nazionale si chiarisce che gli investimenti infrastrutturali non sono a carico della parte pubblica, ma di quella privata. La bolletta per questa ragione viene così scorporata in due parti, una sul costo di gestione, e una su quello infrastrutturale. Gli imprenditori che hanno avuto affidato il servizio di costruzione delle reti e gestione matureranno, in teoria, quando le infrastrutture saranno completate. Una correlazione tra il completamento della struttura, e l’ammortizzamento nel lungo periodo e la riduzione della tariffa viene rivendicata da chi cerca potenziamento delle reti e investimenti dei privati. Il costo incide da 0,40 a 0,50 centesimi per chi ha la sorgente, in tutti gli altri casi arriva invece a 0,67centesimi.
I costi della distribuzione incidono maggiormente per le città e i complessi urbani più strutturati, ma nelle realtà con minore densità abitativa o in zone montane il costo è minore e va da un minimo del 20% nel caso in cui l’acqua sia di proprietà della fonte a un massimo del 40%. Né, va meglio sul piano della depurazione. Sicilia (43,9%) e Calabria (46%) chiudono la classifica nazionale della capacità depurativa degli impianti. E infine, nonostante le opportunità di sviluppo del settore turistico dipendono anche dalla qualità delle acque di balneazione, 816 delle 1.166 procedure di infrazione per il servizio di depurazione ha riguardato Comuni del Sud.