Archivio
Giornata della memoria: quei 372 siciliani inghiottiti dall’orrore
Anche la Sicilia ha avuto i suoi caduti e i suoi martiri nella lotta contro il nazifascismo. I deportati siciliani nei campi di concentramento tedeschi – partigiani, militari italiani internati ed ebrei – sono stati 865 e di questi 372 non hanno fatto ritorno. Dati che Domenico Stimolo, che da lunghi anni studia questo aspetto della nostra storia, ha ricostruito a partire dalle principali ricerche su questo argomento condotte da due storiche, la catanese Giovanna D’Amico, che nel 2006 per Sellerio ha pubblicato il libro “Siciliani deportati nei campi di concentramento e di sterminio nazisti 1943-45”, e la palermitana Lucia Vincenti che ha pubblicato varie ricerche tra cui il testo “Non mi vedrai più, persecuzione, internamento e deportazione dei siciliani nei lager 1938-1945”.
Secondo la studiosa catanese i deportati siciliani, a partire dall’8 settembre del 1938 fino al termine della guerra, furono 751 e i morti 366. A questi deportati vanno aggiunti altre 114 persone individuate dalle ricerche fatte dall’Anep (Associazione regionale ex deportati) e dall’Anpi. Al totale di 855 si arriva anche in considerazione dello studio di Lucia Vincenti che include anche il numero degli ebrei siciliani deportati. «Questi – spiega Domenico Stimolo – furono poche decine, ebrei di origine siciliana arrestati in altre parti d’Italia o all’estero e, in particolare a Rodi dove c’era una numerosa comunità di siciliani di religione ebraica. In Sicilia non si registrano rastrellamenti e arresti perché ne mancavano le condizioni dal momento che quando dilagarono le deportazioni la Sicilia era già stata liberata».
Deportati e morti si registrano in tutte le province dell’isola e, secondo la ricerca di Giovanna D’Amico, si distribuiscono come segue: ad Agrigento 89 deportati di cui 38 morti, a Caltanissetta 43 deportati e 23 morti, a Catania 143 e 70, ad Enna 54 e 28, a Messina 98 e 48, a Palermo 189 e 97 – e a questi vanno aggiunti gli 11 deportati di cui non è sicura la provenienza, rimasta in dubbio tra il capoluogo della Regione e Caltanissetta – a Ragusa 40 deportato di cui 20 morti, a Siracusa 37 e 16 e a Trapani 55 e 24.
Nessun dato preciso, invece, si ha sugli IMI, Italiani militari internati, cioè i soldati dell’esercito italiano che, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, rifiutarono di arrendersi ai tedeschi e finirono prigionieri e deportati in appositi campi di concentramento in Germania, Polonia e Austria. Ad essere deportati furono oltre 810.000 militari italiani 54.000 dei quali morirono nei campi di concentramento, oltre alle migliaia trucidati durante atti eroici di resistenza, come a Cefalonia. Di questi militari interanti, infatti, nonostante l’attività di ricerca dell’Anrp (Associazione nazionale reduci della prigionia, dell’internamento, della guerra di liberazione), non esiste ancora un albo nazionale codificato che ne indichi con precisione i nomi e la provenienza. Dalle stime fatte sembra che i militari siciliani deportati siano stati alcune decine di migliaia.
Ma al di là dei numeri ci sono le storie, terribili, strazianti, meritevoli di rispetto, apprezzamento, memoria. Anche in Sicilia, soprattutto a partire dagli anni Novanta, si sono moltiplicati i libri di memorie scritti dai deportati sopravvissuti. Ed è interessante notare che il racconto pubblico arriva parecchi decenni dopo la traumatica esperienza vissuta, per il comprensibile desiderio di rimuovere un vissuto così tragico, ma anche, e forse soprattutto, per l’indisponibilità dell’ambiente circostante ad ascoltare storie terribili in un periodo teso alla ricostruzione personale ed economica, come ricorda il partigiano Nunzio De Francesco, di Linguaglossa, nelle sue memorie.
Importante anche le “Pagine del diario 28 ottobre 1931 – 6 giugno 1932” di Carmelo Salanitro, il professore catanese denunciato dal suo preside per propaganda antifascista, arrestato nel 1941 e morto a Mauthausen il 24 aprile 1945. Diario pubblicato nel 2005 dalla figlia Maria con la prefazione del prof. Rosario Mangiameli. Ma sono decine i libri di memorie, tra cui quelli di don Paolo Leggeri di Augusta, di Calogero Sparacino di Ribera, di Domenico Aronica di Canicattì, di Rosario Fucile di Messina, di Alberto Todros di Pantelleria, di Antonio Garufi di Giarre e di Giovanni Melodia di Messina. E cominciano ad apparire anche le memorie dirette o indirette dei militari deportati, come il testo di Giovanni Santarea di Pozzallo, “Io reduce di Cefalonia” del 2009, e quello, “Fucili e mandolini – La storia del soldato semplice Carmelo”, che la catanese Carmen Coco ha pubblicato nel 2019 raccogliendo le memorie di suo padre.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA