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Gela: operai, Crocetta e sindacati

Gela: operai, Crocetta e sindacati contro «la scelta antimeridionalista dell’Eni»

E dopo il metano, i blocchi mettono a rischio i pozzi di petrolio

Di Redazione |

GELA – La tensione a Gela resta alta. Il paventato disimpegno dell’Eni non ha messo in agitazione solo ci circa 3.500 operai (tra dirietti e indotto) delle raffinerie gelesi, ma anche il mondo politico e sindacale. Ieri proprio politici e sindacati hanno fatto il punto della situazione. E al termine di un incontro tra il presidente della Regione e i i rappresentanti regionali di Cgil, Cisl e Uil, finalizzato a valutare la situazione degli stabilimenti Eni in Sicilia e in particolare le notizie anticipate dalla stessa Eni di dismissione delle aree industriali di Gela e Priolo, il governatore Rosario Crocetta è stato durissimo: «Regione e sindacati ravvisano nella scelta dell’Eni una linea profondamente antimeridionalista che deindustrializza il Sud, aggravando i problemi economici e di divario sociale che le regioni meridionali vivono». «Dalla crisi si esce con piani credibili di rilancio e di riconversione, non con le dismissioni o con la promessa di futuri quanto aleatori investimenti», ha scritto Crocetta in una nota. Intanto la battaglia sindacale in difesa della raffineria Eni di Gela rischia di avere ripercussioni anche sull’estrazione del petrolio dai pozzi di Ragusa. Con i centri-oli di Gela presidiati dai lavoratori che bloccano l’arrivo delle autocisterne cariche di greggio è infatti in pericolo la continuità operativa dell’importante giacimento ibleo di contrada Tresauro, uno dei più importanti d’Italia per qualità e quantità. Il fermo delle pompe potrebbe portare all’intasamento dei pozzi. Enimed, l’azienda dell’Eni che gestisce la ricerca e lo sfruttamento dei giacimenti, ha espresso serie preoccupazioni nel merito. Ma anche a Gela si rischia di dover fermare da un momento all’altro l’attività estrattiva per la saturazione dei serbatoi di raccolta. Problemi anche con il depuratore biologico e con altri impianti di servizi legati all’ambiente e alla sicurezza per la mancanza di personale conseguente ai blocchi delle vie d’accesso ai siti industriali.

Anche la Chiesa si schiera a fianco degli operai che da giorni i lavoratori picchettano gli ingressi della Raffineria, pronti alla mobilitazione generale, in programma entro il 20 luglio, dopo la rottura delle trattative tra i sindacati e l’Eni rispetto all’ipotesi di ridimensionamento delle attività del gruppo e la revoca del piano d’investimenti per 700 milioni per la riconversione del sito siciliano. «Sono vicino al dramma che state vivendo, prego per voi e per le vostre famiglie e prego ogni giorno il Signore affinché quest’azienda continui a garantire posti di lavoro», sono le parole rivolte dal vescovo di Piazza Armerina, mons. Rosario Gisana, che ha incontrato gli operai. Il vescovo ha esortato i vertici aziendali a «continuare ad investire su Gela, a rilanciare il petrolchimico creando forme di sviluppo compatibili con l’ambiente e con il territorio», «mi sembra una situazione in cui il ricco vuole prevalere sul povero: il Nord che prevale sul Sud». «La questione – ha sostenuto il prelato – è piuttosto drammatica. Anch’io mi sono arrabbiato quando ho compreso quanto sta succedendo». Preoccupato anche il leader della Cisl, Raffaele Bonanni, secondo cui «c’è il rischio che Gela deperisca sul piano dell’occupazione: se l’azienda ritiene ci siano questioni importanti per rendere più forte e produttivo il sito, lo sa. Noi siamo d’accordo». E avverte: «Possiamo iniziare anche una discussione nuova, ma l’attività deve continuare».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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