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Gegè Telesforo e gli Urban Fabula “live” a Catania
Cantante, polistrumentista, jazz vocalist, compositore, conduttore e autore di programmi radiofonici e televisivi, Gegè Telesforo è un artista poliedrico, geniale e particolarmente sensibile. Personalità affascinante, eclettica, fonte inesauribile di conoscenza, è uno degli artisti italiani più originali del panorama della musica nazionale, capace di suscitare emozioni e di trasferirle in un contenuto nobile. Sarà grande protagonista al Teatro Stabile di Catania venerdì prossimo, alle 20,45, nell’ambito della rassegna promossa da Inside Produzione di Giuseppe Costantino Lentini, insieme a Urban Fabula, con Seby Burgio al piano, Alberto Fidone al Basso e Peppe Tringali alla batteria.
Il suo nome da sempre è strettamente legato a quello di Renzo Arbore, con cui ha condiviso esperienze di grande successo in televisione oltre che nei palcoscenici di mezzo mondo. A ritmo di swing hanno e continuano a rappresentare un pezzo di storia della musica, quella bella che conosciamo e che piace a tutti, basti pensare a “Quelli della notte” un programma indimenticabile passerella di grandi personaggi come Andy Luotto, Luisa Laurito e Nino Frassica.
Foggiano proprio come il suo talent scout, alla domanda sul suo rapporto con il cantante del “clarinetto” risponde così: «Sono legato da un rapporto di grande amicizia e stima oltre che di riconoscenza. Dopo circa 30 anni ci divertiamo ancora, perché ci piace quello che facciamo siamo curiosi, e pieni di energia. Da lui ho assimilato il linguaggio contemporaneo, imparando l’arte di vivere da artista, con tutte le sue problematiche, con la dignità di un vero professionista con dedizione e disciplina dove la musica non sia un obbligo ma un piacere. Abbiamo molte affinità, forse perché siamo entrambi di Foggia, abbiamo mangiato le stesse cose e frequentato in momenti diversi gli stessi posti, siamo fatti della stessa sostanza della “musica”».
Quanto alla televisione nazionale e ai programmi sulla musica cosa ne pensa?
«Con Renzo Arbore negli anni Ottanta abbiamo dato vita a “D.O.C.” un programma di musica e altro a denominazione d’origine controllata ,andava in onda su Rai 2 dal 2 novembre 1987 ed è stato un vero successo che ha posto al centro dell’attenzione la musica, con la presenza di quelli che oggi sono grandi jazzisti come Stefano di Battista, James Taylor o Stefano Bollani. Oggi mancano programmi simili, e se pensiamo ad alcuni talent show e controlliamo il momento del picco di ascolti, ci rendiamo purtroppo conto che sono quelli delle polemiche e non delle esibizioni. Non abbiamo bisogno di altre pop star ma di artisti che ci rappresentino nel mondo, investendo sulle nostre eccellenze della musica e dell’arte. Anche per la tv, così come per il nostro paese, continuo ad avere fede e speranza. La bellezza, l’arte, la cultura, l’informazione, e tutte quelle cose che rendono la nostra vita interessante dobbiamo andare a cercarle”.
Tra qualche giorno sarà in Sicilia, che rapporto ha con l’Isola e con Catania?
«La Sicilia è una terra dalla bellezza infinita, piena di fascino e di colori con tante storie da raccontare e ho tanti amici, come gli Urban Fabula. Io la amo tutta e posso dire di conoscerla bene quasi come se fossi un siciliano, perché ho girato tanto passando per Siracusa, Agrigento, Palermo, Acireale per motivi affettivi e poi Catania. Qui mi sono letteralmente innamorato della pescheria che trasuda della sicilianità verace, dove si respira davvero la città. Per non parlare poi della vostra cucina, anche se da buon pugliese, devo dire che anche noi siamo forti in tavola. Certamente uno dei miei piatti preferiti è la pasta alla norma accompagnato da un buon bicchiere di vino rosso e poi gli arancini o arancine? (e qui in modo scherzoso e informale la scelta è caduta d’obbligo sul primo nome) forse la prima altrimenti rischio di far nascere una diatriba, considerando che vi contendete il nome con Palermo».
Professionista dello “scat”, l’arte dell’improvvisazione vocale cara ai grandi della storia del jazz, com’è nata questa passione e quali sono i suoi punti di riferimento?
«Ci vuole metodo, applicazione, abnegazione e disciplina, ricordandosi sempre che non si finisce mai di imparare. Se sei un musicista sei agevolato nel canto, quasi come se fosse una sua naturale estensione. Con la voce devi avere consapevolezza di cosa ascolti e in questo ho avuto un grande esempio in Mister Jon Hendricks, che dello scat ha fatto meraviglie assolute in tutto il mondo, punto di riferimento per centinaia di generazioni fino ai suoi 90 anni. Ma anche Dizzy Gillespie è stato un’altra colonna portante della mia carriera con cui ho lavorato e fatto anche dischi. La cosa buffa è che oggi mi ritrovo a fare seminari con studenti universitari e dei licei, ai quali cerco di insegnare il valore della comunicazione, che è lo scopo della musica. C’è sempre qualcosa da imparare, dai più “vecchi” ma anche dai più “giovani”. Ma non solo oggi sono pure materia di una tesi di laurea di un giovane studente, Luca, per il diploma accademico di 1° livello. Questo è il titolo: “Gegè Telesforo: il valore della musica. Tecnica dello scat e vocal jazz concept”. I tempi che cambiano, ma la grande “musica” vivrà per sempre».
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