È la genetica a farla da padrona nel carrello della spesa ma il consumatore spesso non lo sa. Dai pomodori di tutte le forme e colori, alla pasta e al riso che non scuociono, dalla baby anguria al latte, sono il risultato di un’innovazione applicata alle maggiori specie coltivate che ha cambiato il volto a quasi tutti i prodotti alimentari nello scaffale.
«Se andassimo indietro agli anni Ottanta a fare la spesa – spiega il direttore del Crea – Centro di ricerca genomica e bioinformatica, Luigi Cattivelli – i prodotti sarebbero molto differenti da quelli di oggi». Frutta e verdura hanno subìto un miglioramento genetico che li ha resi più conservabili, buoni, resistenti alle malattie, presenti quasi tutto l’anno e a volte più convenienti; stessa cosa per i frumenti che nel 99% dei casi sono stati selezionati dopo il 1980, andando incontro alle esigenze del mercato. «Tutto questo è stato possibile grazie alle conoscenze di Mendel prima e alla scoperta del Dna dopo, che hanno aperto la strada ad una nuova selezione varietale – spiega Cattivelli – dove la genetica non è altro che la conoscenza della vita».
Negli anni Ottanta, infatti, era impossibile gustare pomodori piccoli, tondi e rossi come il Pachino e il Piccadilly perché non erano stati ancora selezionati, come anche la conserva di datterini, realizzata solo dopo averne scoperto la varietà. Stessa cosa per il riso Venere coltivato in Italia pronto in soli 10 minuti, per i cavolfiori viola ad alta concentrazione di antociani che svolgono la funzione di antiossidanti o per i peperoni, dalla forma perfetta e satinata quasi tutti dolci.
Impossibile poi sarebbe stato trovare le pesche a settembre, perché «finivano a luglio», ma anche le mele resistenti alla ticchiolatura o l’uva Regina o Pizzutella senza semi 100% italiana. E ancora niente pasta realizzata con varietà di grano duro molto proteiche come l’Aureo che non scuociono e coltivate in Italia. La genetica è entrata anche nella stalla, dove le vacche oggi producono quasi il doppio del latte rispetto agli anni Ottanta, il che «ha permesso uno sconto su un litro di 50 centesimi».
Una differenza di prezzo imputabile, secondo Cattivelli, «anche alla genetica nei mangimi a base di prodotti Ogm che non fanno male alla salute e che vengono largamente importati perché in Italia sono vietati».
Poche, infine, le colture rimaste invariate: è il caso delle pere dove sono state abbandonate molte varietà per privilegiare quelle in grado di conservarsi meglio in modo da essere disponibili sul mercato tutto l’anno. Perché alla fine, come dice Cattivelli, «il mercato lo fa il consumatore».