Roma, 14 apr. – (Adnkronos) – Tutelare l’ambiente e le foreste senza fare marcia indietro sui traguardi raggiunti. È questo l’appello lanciato dal Pefc Italia, Programme for Endorsement of Forest Certification schemes, in occasione della 50esima Giornata della Terra (Earth Day) che si celebra in tutto il mondo il 22 aprile. Secondo il Pefc Italia c’è il rischio concreto che l’emergenza sanitaria, che ha provocato il blocco dell’attività economica in buona parte del mondo, porti a proporre il rilancio dell’economia in modo indifferenziato, con l’alleggerimento delle leggi in vigore in ambito ambientale.
È possibile e necessario tutelare le risorse naturali e contrastare la crisi climatica, che resta la sfida più importante nel medio periodo e richiede azioni decise ora. A livello mondiale la media di ettari di foreste naturali persi è stata di 6,5 milioni di ettari l’anno, per cause naturali o antropiche, tra le quali spiccano (in ordine decrescente di impatto) zootecnia, agricoltura intensiva, conversione di foreste in piantagioni, utilizzo del legname. Si tratta di una superficie maggiore di quella della Croazia.
“L’Europa e l’Italia in particolare, grande importatore e con un importante settore di lavorazione del legno, hanno una responsabilità diretta in questo processo: il legno è la materia prima per antonomasia dello sviluppo sostenibile, ma deve provenire da una gestione sostenibile delle foreste, non dallo loro distruzione. Proprio per questo è importante la certificazione forestale” afferma Maria Cristina D’Orlando, presidente di Pefc Italia.
La globalizzazione dei mercati (del legno, ma anche delle commodity agricole, della carne, delle risorse energetiche, ecc) ha consentito di avere un’offerta più ampia per la stessa tipologia di prodotti: questi provengono da zone e situazioni socio-economiche estremamente variabili, sono realizzati con tecniche e tecnologie diverse e di conseguenza hanno un livello qualitativo altrettanto diverso.
“Se da un lato ciò ha determinato indubbi effetti positivi sulla dinamica dei prezzi, dall’altro lato ha comportato l’insorgenza di situazioni di sfruttamento insostenibile e/o illegale delle risorse naturali ed umane”, spiega Antonio Brunori, segretario generale Pefc Italia. Così al posto delle foreste tropicali si trovano estesi pascoli per la zootecnia da carne, campi coltivati a soia o canna da zucchero, piantagioni di palma da olio o di specie arboree a rapido accrescimento, ecc. In parte, circa il 5%, il taglio della foresta per l’industria del legno e della carta è responsabile della deforestazione a livello globale.
Tali cambiamenti di uso del suolo e la distruzione di habitat naturali come le foreste tropicali possono inoltre avere avuto un ruolo importante nella diffusione della pandemia, in modo diretto o indiretto. “Lo sfruttamento non sostenibile del patrimonio forestale è tra le cause prime di tutti gli squilibri ambientali del nostro Pianeta e alcune delle più gravi malattie infettive che l’uomo deve affrontare oggi sono un’ulteriore conseguenza”, prosegue Brunori.
“Nelle aree tropicali la deforestazione e la compravendita della cosiddetta bushmeat (carne di animali del bosco) possono aver portato più facilmente al contatto tra uomini e animali selvatici, favorendo il fenomeno dello spillover, cioè il salto che permette al patogeno di passare da una specie ospite ad un’altra. La gestione sostenibile delle foreste e la conservazione di spazi dedicati alla salvaguardia degli equilibri ecologici sono invece funzionali al mantenimento della distanza tra determinate specie animali potenzialmente portatrici di infezioni e l’essere umano”.
“È ancora una volta sempre più evidente la necessità di cambiare i comportamenti e gli stili di vita individuali e collettivi, riducendo la nostra impronta ecologica e scegliendo prodotti in grado di assicurare il benessere e il mantenimento degli ecosistemi forestali”, conclude la Presidente di Pefc Italia. “Auspichiamo che Europa e Italia sappiano uscire sulla strada della sostenibilità da quella che si preannuncia come la più grande crisi del dopoguerra”.