Catania – Un’immagine “felliniana”. Centinaia di cuochi con giacca bianca e berretta affacciati dai palchi del Teatro Massimo Bellini di Catania. Un’ospitata mai verificatasi in 150 anni di storia del teatro. Ci voleva il congresso nazionale della Federazione italiana cuochi (la 30ª edizione) per scattare questa insolita e quasi sicuramente irripetibile immagine. Non l’avrebbe mai immaginato l’architetto Carlo Sada, non l’avrebbero mai immaginato i cuochi, in genere “relegati” nelle loro cucine. Per muoversi a loro agio tra i velluti rossi del Bellini bisognava trovare un trait d’union tra musica e cibo, un classico degli abbinamenti del piacere, come cibo&vino, cui si sono dedicati, nei secoli, letterati e musicisti, registi e scrittori.
Non a caso la serata (presentata da un emozionatissimo Antonio Iacona) si chiamava «Musica e Gourmet», un progetto frullato l’anno scorso nella mente dello chef Seby Sorbello e concretizzatosi grazie alla collaborazione del sovrintendente del teatro, Roberto Grossi.
Obiettivo, raccontare il cibo con la musica o la musica con il cibo, dipende dai punti di vista, mettendo in programma una serie di pezzi eseguiti dal “Bellini Ensemble” mentre sullo schermo scorrevano le immagini “mangerecce” di film (famosi ma non tutti), oppure Ezio Donato, (regista) recitava testi e poesie legate alla nobile arte di Michelazzo. A tre cantanti lirici, Lara Leonardi (soprano), Graziano D’Urso (baritono) e Gianluca Failla (baritono), il compito di dar voce ai brani d’opera in cui pranzi, banchetti e abbuffate non mancano, ma anche a temi di colonne sonore diventate famose per aver sottolineato le “mangiate”. Dai fagioli western di Terence Hill in “Lo chiamavano Trinità” (musiche di Franco Micalizzi) , a “Il Sapore del successo”, il film con Bradley Cooper ambientato in una cucina stellata (Rob Simonsen), passando per la lettura del timballo del Gattopardo, indimenticabile pagina per gastroletterati, accompagnata dal Gran valzer brillante di Verdi adattato da Nino Rota nel celebre colossal di Visconti, o per il “Già la mensa è preparata” del Don Giovanni di Mozart, senza parlare della mitica scena di Totò che in “Miseria e Nobiltà”, balla sulla tavola con gli spaghetti in mano (per la cronaca una delle più apprezzate dal pubblico).
Uno spettacolo semplice e diretto – quando si evoca il cibo tutto diventa più immediato – che ha messo sullo stesso piano la cultura ai fornelli e quella sullo spartito. In fondo cuochi e musicisti sono molto più vicini di quanto si possa immaginare. Tant’è che si dice “comporre il piatto”. Di sicuro ne era convinto Gioachino Rossini, passato alla storia non solo per le sue opere sullo spartito ma anche per quelle in cucina. Diceva che «lo stomaco è il maestro di cappella che governa ed aziona la grande orchestra delle passioni» e a lui, ancora oggi si devono ricette come “i maccheroni alla Rossini”. Alla fine, premi per tutti, la berretta bianca simbolo dei cuochi Fic al sovrintendente, ai fratelli Arena (sponsor della serata con il brand Decò), la bandiera della pace alla Federcuochi, l’emozione del presidente nazionale Fic, Rocco Pozzulo, di quello dell’Unione regionale cuochi siciliani, Domenico Privitera e l’assessora ai Grandi eventi Barbara Mirabella, in un raggiante selfie sul palco.
Per concludere, la pasticceria siciliana nell’atrio e nel foyer. Cannoli, ‘mpanatigghie, cassatine e croccanti al pistacchio… Chi l’ha detto che con la cultura non si mangia?
Foto di Fabrizio Villa