Morti e Halloween, in fondo, non sono così lontani come di potrebbe pensare. Sempre di morti e di defunti si parla e, come spesso accade, le feste “importate” nella tradizione latina altro non sono che un puro appuntamento commerciale.
Le date si sovrappongono la feste anglosassone è il 31 ottobre, i Morti per il 2 novembre, commemorazione dei defunti.
La differenza sta nella rappresentazione: la prima pesca nell’horror, la seconda, è una festa cristiana di origini irlandesi.
Halloween affonda le sue radici nel calendario celtico (in particolare corrisponde all’antica festa celtica di Samhain) che fissava al primo di novembre il passaggio dall’autunno all’inverno e quindi l’inizio del nuovo anno, un periodo “limbo” in cui il confine tra realtà e mondo sovrannaturale si affievoliva, tanto da permettere ai morti il contatto con i vivi.
Le prime celebrazioni dei defunti invece risalgono al IV secolo ma vennero istituzionalizzate nel VII secolo che Papa Gregorio II stabilì la data del primo novembre. La tradizione di travestirsi per Halloween nasce per “confondersi” con gli spiriti e quindi non subire l’incontro sgradevole con i morti viventi.
In Sicilia, sul tema, abbiamo poco da imparare, intrisa com’è la nostra tradizione del culto dei morti anche in occasioni di feste gioiose. L’usanza è quella di fare regali ai bambini raccontando loro che sono i parenti morti a “portare” loro i doni. Ma è sul piano dei dolci che Halloween perde di gran lunga la battaglia con la festa dei Morti.
In Sicilia il legame con i defunti si materializza anche nei dolci tipici le ossa di morto in particolare, un biscotto a pasta dura a forma proprio di piccole ossa bianche. A Palermo si preparano i pupi di zucchero, statuette di zucchero, farina, albume e acqua di chiodi di garofano.
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Un dolce, un cibo, un’usanza per i Morti, comunque, si trova in molte regioni italiane. Le ossa dei morti si mangiano anche in Piemonte, in Lombardia si prepara il pane dei morti, un pane dolce con uvetta, biscotti sbriciolati, fichi secchi e cannella. In Puglia la “colva” un dolce a base di grano cotto, uva, fichi secchi e frutta secca. La tradizione culinaria resiste anche a Treviso dove si mangiano focacce caratteristiche dette i “morti vivi”.
Ma ad Halloween che si mangia? Gran parte delle ricette prevedono la zucca come ingrediente principale, ma la tradizione culinaria anglosassone è ricca anche di altri cibi che si consumano in questa giornata.
Per esempio il Barmbrack un pane imbottito con frutta secca, oppure il Colcannon: una pietanza tipicamente irlandese, preparata anche per il giorno di San Patrizio, consistente in uno stufato di patate e cipolle verdi; poi le Candy Apples, quelle che noi chiameremmo le “mele di pinocchio” le mele infilzate con uno spiedino ed immerse nello zucchero caramellato. il classico dolce, però, è la torta di zucca o “pumpkin pie”.
È irlandese la leggenda legata a questa festa: Jack o lantern, vecchio fabbro ubriacone che con alcuni stratagemmi riesce a beffare il diavolo che reclama la sua anima e a imporgli di non cercarlo mai più. Alla sua morte però Jack non viene ammesso nel Regno dei Cieli ed è costretto a bussare alle Porte dell’Inferno. Il diavolo però lo caccia via tirandogli dietro un tizzone ardente che il vecchio usa per ritrovare la strada. E per non farlo spegnere lo infila sotto la rapa che sta mangiando. Di qui la leggenda di Jack o lantern, anima dannata che vaga col suo lumino, diventato nel tempo una zucca, in attesa del giorno del giudizio.
Tipica di Halloween è poi l’usanza dei bambini di andare in giro a fare “Dolcetto o scherzetto”, espressione “Trick or Treat”, che si rifà a una tradizione medievale e alla pratica dell’elemosina e che si ritrova anche nei festeggiamenti tradizionali di Ognissanti quando i poveri andavano di porta in porta a chiedere cibo in cambio di preghiere per i morti nel giorno della commemorazione dei defunti, il 2 novembre. In Calabria invece a Serra San Bruno, in provincia di Vibo Valentia, i ragazzini intagliano la zucca riproducendo un teschio, il Coccalu di muortu, con il quale girano per il paese dicendo: “Mi lu pagati lu coccalu?” (“Me lo pagate il teschio?”), una sorta di dolcetto o scherzetto in tutto simile al gioco anglosassone della notte di Halloween.