In mezzo al vino c’è sempre stato per tradizione di famiglia. «No, non siamo produttori, ma mio padre è agronomo e così…».
«L’Onav – racconta – è entrato nella mia vita dall’anno scorso in poi, quando ho scelto di trasferirmi ad Asti per fare la specialistica, mi sono tuffato nel mondo del vino e ho deciso di seguire il primo corso. Ho scelto l’Onav perchè mi interessava l’aspetto della degustazione tecnica più che altri aspetti approfonditi maggiormente da altre associazioni diffuse in Italia. Io volevo conoscere i requisiti tecnici di un vino e la sua valutazione oggettiva».
Ed è bastato un corso per sbaragliare i 50 finalisti italiani, un enfant prodige…
«Ma non lo so (ride). La finale è andata così: ci hanno diviso in due gruppi e ci hanno servito otto vini, prima bianchi e poi rossi, noi dovevamo indicare vitigno e annata. Li ho indovinati quasi tutti».
E quale ha sbagliato?
«Il “Cortese” un vino piemontese».
Sorpreso di aver vinto?
«Sapevo di aver fatto bene ma non conoscevo il livello degli altri e poi, essendo abbastanza giovane, non avevo quella presunzione di avercela fatta. Certo, è stata una bella sorpresa aver vinto al primo tentativo»
Ma è solo gloria o c’è un premio vero?
«Ho vinto anche un viaggio nella Valle del Douero (la regione “tempio” dei vini Portoghesi ndr).
Le regioni italiane che ama di più dal punto di vista enologico?
«Piemonte e Sicilia».
Un vitigno siciliano finora trascurato che andrebbe sostenuto e promosso?
«Il Catarratto, lo storico vitigno della provincia di Trapani. Ha grandi potenzialità e, invece, è stato un po’ sottovalutato e non riesce a prendere il volo, anche per la difficoltà di pronunciare il suo nome all’estero, quelle due “r” e quelle due “t” messe insiene… A Lisbona non l’avevano mai sentito».
Secondo lei quale sarà la zona della Sicilia che esploderà dal punto di vista enologico nei prossimi anni?
«Io spero che esploda tutta, ma ci sono buoni presupposti per la zona etnea, anzi direi che lì ormai c’è la certezza di una crescita, anche Angelo Gaja ha investito sull’Etna»
Cosa manca alla Sicilia per entrare nel gotha del mondo del vino?
«Manca un po’ di ficucia nei giovani. C’è spesso il convincimento che per occuparsi di vino si debba essere superesperti, ma l’esperienza te la fai anche strada facendo».
Il vino preferito?
«Non penso di averne uno, ogni vino che assaggio è una nuova esperienza ogni giorno. Qui in Portogallo ho assaggiato tantissimi vini completamente diversi dai nostri ma altrettanto apprezzabili».
Beh, allora diciamo, con quale vino ha brindato al titolo di “primo assaggiatore d’Italia”?
«Eravamo a Bologna, quindi un Sangiovese».
Twitter: @carmengreco612