Enna, la scorciatoia degli studenti di Mirello per il 2° anno di Medicina

Di Tiziana Tavella / 19 Dicembre 2016

In pratica, avvalendosi di una normale procedura legislativa hanno cominciato il loro iter da studenti in un corso privato e proseguono in un ateneo statale. Sicuramente non la prenderanno bene le migliaia di giovani che tentano ogni anno di superare i test di ammissione in Medicina e magari non ci riescono. Così un escamotage, sicuramente legittimo, rischia di innescare una sorta di “guerra” intestina tra studenti.

 

Negli ultimi due anni 37 iscritti al corso di medicina romeno hanno dimostrato di resistere ad ogni tipo di attacco frontale o polemica, grazie soprattutto alla tenacia dell’ex senatore democratico Mirello Crisafulli (tanto inviso all’ex premier Matteo Renzi) che con il Fondo Proserpina Srl dà supporto logistico nella sede di via Libero Grassi ad Enna bassa alle attività didattiche. Proprio lui aveva garantito, rispondendo alle domande dei più maliziosi che supponevano che l’operazione in salsa romena altro non fosse che un “traghettamento” in caso di mancato superamento dei test di ammissione italiani (il cui costo medio è tra i 70-100 euro a tentativo) che non sarebbero stati dati nulla osta per il rientro prima della conclusione del biennio.

 

Dal “Fondo Proserpina”, la notizia si commenta con il più classico “non confermiamo, ma non smentiamo. Dobbiamo tutelare la privacy dei nostri studenti”. Dati alla mano, non ci sarebbe, almeno per ora una “emorragia” di studenti dalla facoltà romena, perché, sempre usando un termine scientifico, ci sarebbe stata una “compensazione ottimale” ovvero per quelli ormai in uscita, altrettanti ne sarebbero arrivati per iscriversi al secondo anno di medicina nella sede ennese della Dunarea de Jos provenienti da altri atenei romeni, dalla Repubblica Ceca e dalla Spagna dove hanno concluso il primo anno accademico.

 

Gli studenti dell’estensione didattica ennese risultano di fatto iscritti in Romania e quindi, come riconosciuto anche nella prima ordinanza emessa a febbraio dal tribunale nisseno che ha dato il via libera ai corsi dopo il primo ricorso proposto dal Miur, non intaccano minimamente la quota disponibile. Il loro rientro in Italia è stato subordinato alla validazione degli esami sostenuti alla Dunarea de Jos ed al superamento di un test di ammissione al secondo anno ed alla disponibilità di posti riconosciuta dal rettore dell’ateneo per cui si è fatta richiesta. Quindi, come dire, per l’attuale normativa “non c’è trucco, non c’è inganno”.

 

Nella sede di Libero Grassi le lezioni vanno avanti per gli studenti del biennio. Da pochi giorni si sono conclusi anche gli esami di lingua romena propedeutico per l’ammissione ai veri e propri test per medicina e professioni sanitarie per gli iscritti al secondo modulo di corso partito ad ottobre. Il Miur ha intanto deposto le armi, almeno per quanto riguarda il ricorso per cassazione dopo due ordinanze che hanno dato ragione al Fondo Proserpina ed all’ateneo romeno. Nulla si sa sull’intenzione o meno ad entrare nel merito della legittimità o meno dei corsi con un giudizio di merito che potrebbe essere l’unica vera soluzione.

 

L’università Dunarea de Jos di Galati in Romania, intanto, ha fatto regolare richiesta all’Asp già in questa estate, per potere effettuare una parte delle ore di tirocinio per gli studenti iscritti ai due corsi di area medica, previsti in ospedale, ad Enna. Nel frattempo non solo rimangono confermate le attività di tirocinio da svolgere direttamente in Romania dove gli studenti hanno possibilità di fare pratica sui cadaveri, cosa attualmente vietata in Italia, ma sono già state portate a compimento, lo scorso settembre, le prime due settimane di tirocinio nelle cliniche universitarie di Galati in cui i ragazzi sono stati ospiti delle strutture di ateneo.

 

Per chi possa pensare come ad una ennesima stranezza la richiesta di fare tirocinio in ospedale italiano di un ateneo straniero la risposta è che è tutto ampiamente previsto dalla legge. I tirocini in ospedale sono possibili e legittimi se a chiederli e’ un ateneo ovunque esso sia, proponendo una convenzione con la struttura ospedaliera italiana. In questo senso le esperienze analoghe sono più che numerose.

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Redazione
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