GELA – L’Eni, fino a pochi mesi addietro, intendeva «incrementare la raffineria di Gela e chiudere o vendere quella di Livorno». Invece, «Livorno è stata rimessa in gioco e Gela ridotta al lumicino. Perché? ». Lo scrive in una lettera il parroco della chiesa “Santa Lucia” di Gela, don Luigi Petralia, confessore del governatore Rosario Crocetta, inviata al presidente del Consiglio, Matteo Renzi, accusandolo di «ripercorrere la vecchia politica antimeridionalista dei suoi predecessori e di tutelare la Toscana a discapito della Sicilia».
«Il governo si è opposto – scrive il sacerdote gelese – e ha ottenuto un cambiamento di rotta dalla direzione dell’Eni».
«Questo Lei, Pres. Renzi lo ha fatto, per la sua Toscana».
«Noi, purtroppo, non abbiamo avuto una classe politica regionale e locale in grado di fare altrettanto per Gela, lottando «all’ultimo Samurai», osserva. Per il parroco «la scelta dell’Eni, che il petrolchimico di Gela diventi una bio raffineria ed escluda la raffinazione del petrolio, è senz’altro un passo indietro». Teme per i posti di lavoro e per il futuro di questa terra. Poi denuncia una politica a due binari, non per una Italia ma per più Italie «in una penisola “tagliata a fette” con investimenti al Nord (vedi Sannazzaro di Pavia) e disimpegni al Sud. Denunciamo – scrive don Luigi – l’ingiustizia di vedere Gela trattata come “carne da macello”, rispetto a Livorno e ad altre sedi Eni».