“Eco di Sirene” marchiate dal rock nell’incanto che Carmen Consoli presenta con una piccola orchestra

Di Mariella Caruso / 14 Aprile 2018

Abito verde, chitarra a tracollo, dialetto catanese esibito con noncuranza tra una vocale chiusa ad arte («Ascoltate come sono diventata brava») e un’ironia tagliente. «La verità è che io vorrei stare a cantare sul cubo con l’ombelico di fuori, se leggo una rivista guardo solo le figure. Ma la mia casa discografica ha detto che devo cantare complicato e mi ha dato quest’aura di cantante di cose difficili», dice alternando ad arte l’italiano, cantilenato con l’accento etneo, e il dialetto che sfida i presenti a comprendere. Senza troppo successo, in verità. Quasi nessuno, ovviamente, comprende appieno – al di là delle spiegazioni di rito – il significato di “A’ finestra”, pezzo del 2009, e “Tano”, uno dei due inediti del nuovo “Eco di sirene”, l’album uscito ieri che è una trasposizione del tour omonimo della cantantessa. Quello che, al principio, doveva essere un progetto di nove date nato per soddisfare la passione di Carmen Consoli di scrivere per orchestra, infatti, è diventato prima un tour con oltre sessanta appuntamenti dal titolo “Eco di sirene”, poi il disco dall’omonimo titolo del quale fanno parte venti dei suoi successi, registrati in presa diretta in analogico insieme alle sue sirene Emilia Belfiore al violino e Claudia Della Gatta al violoncello.

«Volevo provare a vedere i miei pezzi sotto un’altra luce e li ho riarrangiati – ha spiegato -. Poi abbiamo creato con Emilia e Claudia una piccola orchestra da camera e siamo partiti con cautela». Una cautela che non aveva ragion d’essere visto il successo ottenuto, e che è stata abbandonata completamente nella fase di registrazione di “Eco di sirene” fatta al Forum Village di Roma, dove negli anni Sessanta sono state incise alcune delle più importanti colonne sonore del cinema. «L’atmosfera era particolare, abbiamo deciso di fare tutto in modo analogico con i macchinari che c’erano e abbiamo ordinato dei nastri di registrazione dalla Germania. Per questo nel disco sono finite anche quelle imprecisioni umane tipiche del “pronti e via” che noi abbiamo chiamato licenze poetiche».

Diverso, invece, il processo che ha portato l’autrice di “Amore di plastica”, “In bianco e nero”, “L’ultimo bacio”, “Mandaci una cartolina” e “A’ finestra” (tutte eseguite ieri in un mini live) alla scrittura delle nuove “Uomini topo” e “Tano”. «Per scrivere “Uomini topo” – ha raccontato – sono partita immaginando un’era in cui la maggiore resilienza dell’uomo arriva dalla combinazione del dna dell’uomo e del ratto. La riflessione è sull’uomo che, invece di politiche di salvaguardia di un pianeta, cerca di mutare se stesso perché l’esigenza è solo quella di creare profitto. Oggi siamo educati al tempo di un tweet, abituati a non riflettere, a pensare che la solitudine si combatta coi social network, invece quelle che servono sono le relazioni umane. Anche il razzismo se preso in tempo non è mortale».

Per “Tano”, invece, l’ispirazione è «nella tradizione della musica siciliana moderna. Mi sono divertita a pensare alle donne che, su consiglio delle anziane, sopportavano qualsiasi cosa per non rovinare la “famigghia”. Dietro ogni Tano, però, c’è una madre», spiega chiarendo a tutti la strofa iniziale: “Era saputu sentiri Tano mancia’minna pirchì so matri Santina a marchisa ci a resi ‘ppi 10 anni”. «Ma io faccio anche una critica a chi subisce senza far nulla», continua. Allargando il concetto, spiega la Consoli, uno dei problemi del Sud è «l’eccesso di lamento e il non prendere l’iniziativa». Situazioni che la cantantessa denuncia, così come, nel tempo, ha fatto nelle sue canzoni con tanti altri mali: dalla violenza sulle donne in poi. «Io non faccio canzoni su argomenti prefissati: mi guardo intorno e scrivo, faccio musica perché mi piace, allo stesso modo in cui faccio l’olio e mi occupo delle mie case vacanze a Catania. Sono rock? Penso di sì, per me esserlo è quell’attitudine a scomodare argomenti di cui non si parla, anche usando soltanto chitarra e voce».

E di argomenti non scomodi, ma inusuali per una cantante, continua a parlare. «Noi artisti non dovremmo occuparci di politica, ma la politica è qualcosa che dovrebbe interessare a tutti in una “demos-crazia”. La politica è studiare e aggiornarsi ogni giorno per essere consapevoli delle nostre scelte. Spesso sentiamo dire: “Speriamo che chi viene eletto cambi qualcosa in Italia”. Ma se non cambiano noi nel nostro piccolo questo non accadrà mai. Se avessi dovuto seguire le orme di famiglia oggi sarei magistrato o avvocato, ma sono convinta – riflette – che oggi la migliore forma di politica sia fare meglio che si può quello che sappiamo fare bene».

E non si tira indietro nemmeno quando si tratta di parlare del suo voto. «Avevo molta confusione, non sapevo per chi votare. Sono orientata a sinistra, ma sono delusa dal Pd che ho votato turandomi il naso sperando che possa esserci in futuro un partito che sia più vicina alle persone e ai lavoratori. Ma io sono una meridionale attiva, faccio parte di chi rischia, non di chi aspetta. Sono una che confida negli uomini e nella ragionevolezza». «Mi auguro – conclude – che il popolo italiano sia in grado di auto determinarsi, di acquisire conoscenze. Spero che la gente invece di credere a tutto quello che sente, sviluppi uno spirito critico per cercare una verità. Questo non vuol dire essere dietrologi o complottisti, ma cercare la verità, farsi un’idea e scegliere chi deve governare consapevolmente».

Per presentare l’album dal vivo, Carmen Consoli sarà nei negozi Feltrinelli nei prossimi giorni con un live “in punta di plettro”: oggi sarà a Torino, lunedì a Bologna, e ancora a Firenze il 17, a Roma il 18, a Napoli il 19, a Bari il 20, a Catania il 21 e a Palermo il 22.

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Redazione
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